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In Italia più di 3500 orfani di femminicidio negli ultimi 5 anni: viaggio nella vita dei “figli invisibili”

Sono più di 3500 gli orfani di femminicidio in 5 anni secondo il report realizzato dall’Osservatorio nazionale indipendente sul tema. I dati si basano su un’analisi degli articoli pubblicati dai media. “In Italia – spiega a Fanpage.it la presidente dell’Osservatorio sugli orfani di femminicidio, Stefania Bartoccetti – non esiste un albo ufficiale che riporti i numeri di questi figli invisibili abbandonati a loro stessi”
A cura di Gabriella Mazzeo
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immagine di repertorio
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Sono più di 3500 i bambini che hanno dovuto affrontare la morte della madre in seguito a femminicidio. Un numero che non arriva da un albo ufficiale, ma che viene dall'analisi degli articoli pubblicati dai media negli ultimi 5 anni. Perché di fatto un registro ufficiale degli orfani di femminicidio in Italia non esiste.

"Parliamo di più di 3500 bambini lasciati soli dopo un evento che ti sconvolge l'esistenza – ha spiegato a Fanpage.it Stefania Bartoccetti, presidente dell'Osservatorio nazionale indipendente sugli orfani di femminicidio e fondatrice di Telefono Donna -. Per loro non è previsto sostegno psicologico negli anni e l'unico supporto economico al quale possono rifarsi è esiguo e relativo a un fondo istituito in seguito a una legge del 2018 per gli orfani di femminicidio e le vittime di mafia. Tra l'altro ottenere quel denaro è molto difficile".

In Italia, racconta Bartoccetti che con il suo Osservatorio ha realizzato il report, un orfano di femminicidio viene dimenticato dopo i primi passaggi della notizia relativa all'assassinio della madre sui media. "Io dico che sono 3500 in circa 5 anni, ma il fenomeno continua ad essere spaventosamente grande e a coinvolgere sempre più donne e bambini. I minori che perdono la madre o che assistono all'omicidio vengono abbandonati subito. La legge si limita a garantire loro un tutore o una famiglia affidataria, ma poi per questi orfani non esiste niente altro".

Le vittime secondarie di femminicidio sono state mappate fino all'età di 18 anni, ma sono molto più numerose. Dirlo con certezza è impossibile, perché un albo di fatto non esiste e gli approfondimenti fatti per stilare il report, seppure rigorosi, non restituiscono del tutto la vastità del problema.

"Chi perde la madre in circostanze simili in Italia fa ‘caso a sé'. Non si raccontano le vittime di un fenomeno che tiene in ostaggio la nostra società e questo è evidente se pensiamo alla mancanza di un albo nazionale. L'unica cosa che l'Italia garantisce a questi orfani è un sostegno economico legato a un fondo istituito su una legge del 2018 per i bambini rimasti senza la madre in seguito a un femminicidio e per le vittime di mafia. L'esistenza di una norma è una cosa positiva, ma è assurdo che non vi sia un progetto dedicato. Mafia e femminicidi sono due cose ben diverse".

Nello specifico, la legge n.4 del 2018 che istituisce il fondo, ha introdotto come misure di protezione per gli orfani di femminicidio il patrocinio a spese dello Stato per l'assistenza legale, un sussidio per il prosieguo degli studi, il diritto all'eredità della madre e un contributo economico per la vita di tutti i giorni destinato alle famiglie affidatarie. Per accedervi è necessario presentare domanda alla Prefettura di residenza. Ogni regione può avere bandi o avvisi specifici con procedure e scadenze diverse.

"È molto difficile riuscire a districare questa rete burocratica e accedere ai finanziamenti che comunque non sono pensati in modo specifico per gli orfani. Tante famiglie affidatarie non sono neppure informate – ha sottolineato Bartoccetti -. Per la quotidianità di questi bambini sono previsti in linea di massima 250 o 300 euro mensili per un periodo chiaramente limitato. Una miseria se pensiamo a tutte le sfide che questi piccoli devono affrontare e ai loro bisogni psicologici. Gli orfani di femminicidio, inoltre, lo sono per tutta la vita e spesso lo dimentichiamo: andrebbero seguiti anche dopo la maggiore età per evitare che interiorizzino la violenza alla quale hanno dovuto assistere loro malgrado".

"Le famiglie affidatarie cercano di fare quello che possono, ma serve anche una grandissima preparazione per occuparsi di questi bambini dei quali non si parla mai – ha proseguito -. Chi è chiamato a prendersi cura di loro è messo davanti a scelte importanti, come quella su se far continuare o meno il rapporto con il genitore maltrattante in carcere. Se non si fornisce a queste persone assistenza, si rischia di rendere il dramma dei minori eterno".

Alcuni si ritrovano in età adulta a dover riprendere in mano le redini di una relazione ormai spezzata con l'assassino. "Ad alcuni orfani è capitato di aprire la porta e trovarsi davanti il padre che aveva ucciso la loro mamma. Come fai a capire come comportarti senza aver rielaborato prima il tuo trauma con un sostegno psicologico? Non è facile neppure da grandi perché si è orfani di femminicidio per sempre".

Alla domanda sull'abbassamento dell'età media delle vittime di femminicidio e degli assassini, Bartoccetti ha risposto affranta. "Purtroppo è vero, l'età si abbassa continuamente. Penso alla piccola Martina Carbonaro, assassinata a 14 anni dall'ex fidanzato. Prima di lei ci sono state ragazzine di 13 anni e giovani di 20. L'età anagrafica è sempre più bassa e questo deve farci interrogare su tante cose, la prima tra tutte credo sia il ruolo che hanno scuole e famiglie e quello che invece dovrebbero avere. La scuola cerca di fare la sua parte, ma non si può immaginare che possa fare tutto se a casa i figli maschi vengono trattati come semidei che non possono essere messi in discussione su nulla. C'è poi a mio parere da focalizzarsi anche sui linguaggi violenti che sono stati interiorizzati da ragazzi e ragazze: perché in così tanti ridevano del sondaggio lanciato su Whatsapp in merito ai femminicidi? Quell'episodio doveva raccontarci qualcosa. Stiamo abituando le nostre ragazze a pensarsi come vittime sacrificali che devono difendersi e provare la loro innocenza prima ancora che venga formulata un'accusa e nel frattempo non mettiamo il sesso opposto davanti alle sue responsabilità".

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