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Imputato per omicidio si suicida in carcere. La famiglia: “Dall’accusa nessuna pietà”

I familiari di Stefano Monti, morto suicida in carcere il 19 giugno, puntano il dito contro l’accusa: “Ci saremmo aspettati un gesto, una parola di pietà e misericordia dall’accusa. Chiediamo rispetto per noi e per Stefano Monti, morto da innocente, nella speranza che la sua estrema decisione, che ci ha distrutti, quantomeno valga per il futuro a rendere più equo il percorso processuale che altri imputati dovranno subire”.
A cura di Davide Falcioni
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"Ci saremmo aspettati un gesto, una parola di pietà e misericordia dall'accusa, che non ci è mai pervenuta nell'immediatezza del fatto. Chiediamo rispetto per noi e per Stefano Monti, morto da innocente, nella speranza che la sua estrema decisione, che ci ha distrutti, quantomeno valga per il futuro a rendere più equo il percorso processuale che altri imputati dovranno subire". A scriverlo sono stati i familiari del 59enne, suicida il 19 giugno in carcere, una settimana prima della sentenza della Corte di assise di Bologna, in una lettera affidata all'avvocato Roberto D'Errico.

Stefano Monti venne tratto in arresto un anno fa per l'omicidio di Valeriano Poli, delitto risalente al 1999. Prima di farla finita l'imputato ha lasciato delle lettere, tra cui una ai familiari, anche se i figli Marco e Mara e la moglie Antonella Ferri hanno preferito non diffonderne il contenuto. Dal testo, dicono, "traspare la sua disperazione, l'impotenza di fronte alla forza dell'accusa, il grido forte dell'innocente che combatte ma che preferisce farla finita perché comunque è una battaglia non ad armi pari". "Abbiamo colto – proseguono – il suo dolore, la sua sofferenza, il suo disagio patito per la durezza con la quale è stato trattato durante le indagini. Il suo suicidio ci ha letteralmente annientati".

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Secondo il pubblico ministero Roberto Ceroni, che ha coordinato le indagini della squadra mobile, l'assassinio di Poli fu commesso per vendetta alcuni mesi dopo una rissa, all'uscita della discoteca Tnt, in cui Monti venne picchiato da Poli. All'epoca Monti era già stato indagato, ma poi la sua posizione era stata archiviata. Elementi decisivi per la riapertura sono stati una goccia del sangue di Monti, trovata sulle scarpe della vittima, e un filmato amatoriale girato a un battesimo, una ventina di giorni prima dell'omicidio, dove le stesse scarpe risultavano pulite.

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