Gli elementi della procura contro Andrea Sempio nel delitto di Garlasco: impronte, biglietti, alibi vacillanti

Un’impronta sul muro, frasi scritte e poi gettate via, vecchi alibi che vacillano: così la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco, a 18 anni di distanza, rimette al centro della scena Andrea Sempio. L’amico della vittima Chiara Poggi, oggi 37enne, è ora formalmente indagato. E mentre i suoi legali parlano di errori procedurali, gli investigatori stringono il cerchio attorno a una traccia dimenticata per anni: l’“impronta 33”, una macchia rossastra sulle scale che portano alla taverna dove Chiara fu massacrata il 13 agosto 2007.
L’impronta sul muro della villetta di Garlasco
Quella traccia – una macchia irregolare che nel 2007 fu giudicata “priva di creste utili” e asportata con un bisturi sterile – è tornata al centro del caso. Le nuove analisi condotte dal colonnello Gianpaolo Iuliano e dal dattiloscopista Nicola Caprioli del Ris di Parma l’hanno rivalutata. Dopo aver sottoposto Sempio a una lunga serie di rilievi – ben otto sedute tra laser e inchiostro – i due esperti hanno riscontrato quindici punti di corrispondenza con il palmo destro dell’indagato. La compatibilità è considerata “univoca”.
Non solo: secondo gli inquirenti, quell’impronta sarebbe stata lasciata da una mano sporca del sangue della vittima. Sangue schizzato sui muri e sui gradini della scala, quella che l’assassino ha percorso prima di abbandonare Chiara ormai agonizzante. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano già nel 2020 avevano segnalato la necessità di riesaminare quella traccia, sostenendo che “è logico-fattuale che l’impronta appartenga all’assassino”.
Il bigliettino ritrovato: "Ho fatto cose talmente brutte…"
Le nuove indagini non si limitano però alla scienza forense. Gli investigatori hanno condotto anche appostamenti notturni per recuperare la spazzatura di Sempio. Non solo per cercare tracce biologiche, ma anche per esaminare frammenti della sua quotidianità, compresi foglietti scritti a penna e poi buttati. Tra questi, come riporta Repubblica, uno in particolare ha catturato l’attenzione degli inquirenti: “Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare”. Nessun riferimento esplicito al delitto, ma secondo gli investigatori si tratterebbe di un segnale da non sottovalutare.
Il materiale verrà ora sottoposto all’analisi dei profiler del Reparto analisi criminologiche del Racis di Roma, per valutare la personalità dell’indagato. Una personalità che, nei racconti della madre Daniela Ferrari – intercettata a sua insaputa durante alcune conversazioni con l’inviato de Le Iene Alessandro De Giuseppe – appare fragile e segnata. È lei a raccontare che il 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio, Andrea “si sentiva male”. Proprio quella mattina, il ragazzo presentò ai carabinieri uno scontrino di parcheggio a Vigevano, usato negli anni come elemento a sostegno del suo alibi.
Ma un documento del 118 scoperto recentemente indica che alle 10.30 – orario di apertura del verbale con i carabinieri – Andrea sarebbe stato assistito per 40 minuti da un’ambulanza, a causa di un malore. Un dettaglio dimenticato da chi lo sentì nel 2008, ma che oggi riapre interrogativi sull’affidabilità di quella testimonianza.

Perquisizioni e nuovi elementi contro Andrea Sempio
Il 14 maggio scorso i carabinieri hanno perquisito l’abitazione di Sempio a Voghera, quella dei suoi genitori a Garlasco e le case di due suoi amici, Roberto Freddi e Mattia Capra. Gli investigatori cercavano documenti cartacei, file informatici, fotografie, appunti e chat per ricostruire i rapporti dell’indagato con la vittima e il suo entourage. Tra i materiali sequestrati, anche diari personali e manoscritti, ritenuti potenzialmente rilevanti per il profilo psicologico.
Sempio era stato convocato per un interrogatorio in Procura il 20 maggio, contemporaneamente ad Alberto Stasi. Stasi si è presentato, mentre Sempio no. Secondo la sua legale, Angela Taccia, vi sarebbe stato un vizio di notifica nella convocazione, che non avrebbe rispettato i termini previsti dal Codice di procedura penale.
Il Dna sul tappetino e la nuova consulenza sul caso di Garlasco
A rafforzare i sospetti, anche l’analisi del Dna. Il 2 aprile, il genetista Carlo Previderé – consulente della Procura – ha depositato una relazione in cui afferma che il Dna di Sempio è perfettamente compatibile con quello trovato sotto le unghie di Chiara Poggi. Un dato che nel 2007 era stato escluso dal Ris. A supporto dell’ipotesi accusatoria, vi è anche il cosiddetto Reperto 27, un frammento del tappetino del bagno su cui l’assassino avrebbe poggiato i piedi insanguinati prima di lavarsi.
Il 16 aprile, per risolvere ogni dubbio sulla validità dei rilievi, Sempio si è sottoposto a un nuovo prelievo di impronte con tecnica tradizionale, dopo che la precedente seduta al laser era risultata viziata da un malfunzionamento.
Gli alibi traballanti di Andrea Sempio
Un ulteriore fronte dell’indagine riguarda l’alibi fornito da Sempio nel 2007, basato su uno scontrino del parcheggio di Vigevano. La madre ha raccontato agli investigatori che lo conservò su suggerimento proprio, senza però chiarire in modo convincente cosa avesse fatto il figlio quella mattina.
L’ipotesi è che Andrea abbia incontrato un vigile del fuoco, amico di famiglia, e che lo scontrino servisse a costruire un alibi. Ma la sequenza temporale non regge più alla luce dei nuovi documenti sanitari.

Il delitto di Garlasco: un breve riassunto
Il 13 agosto 2007 Chiara Poggi, 26 anni, viene trovata morta nella sua villetta a Garlasco, in provincia di Pavia. Il corpo è in fondo alle scale della taverna, con evidenti segni di percosse. Inizialmente il fidanzato Alberto Stasi è tra i sospettati. Dopo una lunga e controversa vicenda giudiziaria, viene condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di carcere per omicidio volontario.
Nel frattempo, tra il 2016 e il 2017, su sollecitazione della difesa di Stasi, emerge il nome di Andrea Sempio, amico di Chiara. Ma le indagini su di lui vengono archiviate. Solo pochi mesi fa, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, la Procura di Pavia riapre il caso. L’impronta 33, il Dna sul tappetino del bagno e le nuove analisi dattiloscopiche riaccendono i riflettori su Sempio, oggi al centro di un’indagine che potrebbe riscrivere la verità su uno dei delitti più discussi d’Italia.