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Il papà di Alex, ucciso a 2 anni a Perugia: “Sua madre si tirava pugni in pancia quando era incinta”

Parla Norbert Juhász, il papà del piccolo Alex, il bimbo di due anni morto lo scorso 1 ottobre a Città delle Pieve, in provincia di Perugia, il cui cadavere è stato messo sul nastro trasportatore del supermercato Lidl di Po Bandino dalla madre: “Lei con lui era cattiva. In gravidanza si tirava pugni in pancia. Ha minacciato di dargli fuoco. Solo per questo avrebbero già dovuto toglierlo a lei”.
A cura di Ida Artiaco
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"In gravidanza si tirava pugni in pancia. Ha minacciato di dargli fuoco. Solo per questo avrebbero già dovuto toglierlo a lei. E io ora ho perso il mio tesoro". Sono queste le parole di Norbert Juhász, il papà del piccolo Alex, il bimbo di due anni morto lo scorso 1 ottobre a Città delle Pieve, in provincia di Perugia, il cui cadavere è stato messo sul nastro trasportatore del supermercato Lidl di Po Bandino dalla madre. La donna, una 43enne di origine ungherese, Katalina Erzsebet Bradacs, è stata fermata e resterà in carcere per i gravi indizi di colpevolezza perché "socialmente pericolosa", anche se lei continua a proclamarsi innocente pur avvalendosi davanti al giudice che ha confermato il fermo della facoltà di non rispondere. Eppure, il suo ex compagno ha pochi dubbi su quanto successo.

"Con Alex, l’affidamento era comune, ma sfortunatamente non ha mai davvero assicurato il contatto. Lei non me lo faceva vedere. E con lui era cattiva", ha raccontato l'uomo in una intervista al Messaggero, in cui ha sottolineato che Katalina aveva mostrato atteggiamenti violenti nei confronti del figlio già prima della sua nascita: "In gravidanza si tirava pugni in pancia. Ha minacciato di dargli fuoco. Solo per questo avrebbero già dovuto toglierlo a lei". Eppure non è successo e la situazione è degenerata: "La prima volta ha chiamato me il 30 settembre. Mi ha chiesto soldi, dicendo di essere in Ungheria, ma non era vero. Non diceva la verità. E io non glieli ho dati. Poi ha chiamato il figlio maggiore il primo ottobre, ha mandato quella foto, verso le dodici". L'immagine a cui Norbert si ferisce è quella in cui il piccolo Alex compare con la maglietta sporca di sangue: "È stato orribile. In quello scatto Alex aveva la maglietta piena di sangue. E quegli occhi chiusi".

Secondo Norbert, che vive in Ungheria, l'assassinio del bambino faceva parte di un piano ben preciso realizzato dalla madre: "Lo ha eseguito brutalmente. È stato orribile". Infine, ha concluso: "Spero di non dover venire in Italia. Voglio solo riportare il corpicino del mio Alex a casa". Intanto, continua il lavoro degli inquirenti per cercare di ricostruire esattamente quanto successo.

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