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Gli mandano bolletta da 3mila euro per sbaglio: 3 anni di processi e 2 giudici per avere ragione

Un cittadino di Perugia ha attraversato tre anni di processi e due giudici differenti per non essere costretto a pagare una bolletta da 3mila euro, emessa per errore. Il giudice di pace aveva respinto il suo iniziale ricorso.
A cura di Lorenzo Bonuomo
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Foto d'archivio
Foto d'archivio

Una bolletta da oltre 3mila euro emessa per sbaglio ha costretto un cittadino di Perugia a combattere una battaglia legale lunga tre anni, per non dover pagare l'ingiusto importo.

La fattura da record è stata recapitata circa quattro anni fa al residente del capoluogo umbro: oltre 3mila euro di spesa per le utenze di una casa situata sul confine tra Umbria e Lazio. Come riporta il Messaggero, la fornitura era stata chiusa tre anni prima.

Sconvolto dall'assurdità della cifra riportata sul foglietto – 3.140 euro esatti – il consumatore si è rivolto al gestore elettrico per chiedere una verifica. A seguito dei controlli, quest'ultimo ha rettificato l'importo da pagare a 128 euro.

La situazione sembrava quindi essersi risolta in modo positivo e in poco tempo. Ma un anno dopo, l'incubo della super bolletta si è ripresentato: l'utente è stato raggiunto infatti da un decreto ingiuntivo di 3012 euro, pari alla differenza tra la cifra che era stata comunicata all'inizio e quella realmente dovuta.

A quel punto il consumatore ha deciso di rivolgersi al giudice di pace, tramite gli avvocati Erika Paiolo e Francesco Buccini: "A volte occorre percorrere anche le strade legali con caparbietà se i gestori vanno avanti nonostante la presenza di errori evidenti", ha dichiarato Damiano Marinelli, presidente dell’Unione nazionale consumatori (Unc) dell’Umbria che ha provveduto alla raccolta delle prove a sostegno della causa contro il fornitore elettrico.

In sede di giudizio i legali dell'utente hanno dimostrato che la nota di credito di 128 euro riportava la dicitura "fattura di rettifica", con specifico riferimento a quella da 3.140 euro emessa in precedenza.

Ma nonostante le argomentazioni della difesa, la sentenza è stata una doccia fredda per il consumatore: il giudice di pace ha infatti respinto il ricorso, condannando comunque l'utente al pagamento della cifra di 3012 euro stabilita dal decreto insieme alle spese processuali.

Ma i legali del cittadino non si sono dati per sconfitti e hanno presentato ricorso alla giustizia ordinaria: "Il giudice di pace aveva motivato in modo succinto e insufficiente – riferisce l'Unc Umbria – parlando di credito del gestore legittimo e di calcoli corretti, senza prendere in considerazione quanto emerso in sede di giudizio".

Il caso è andato avanti nelle aule di tribunale per altri due anni, ma la battaglia si è conclusa in favore del cittadino: la giuria ha infatti ritenuto “logiche, fondate e condivisibili” le motivazioni del ricorso.

La sentenza del giudice ha quindi stabilito la revoca definitiva del decreto ingiuntivo e condannato il gestore dei servizi di utenza al pagamento di tutte le spese legali (primo e secondo grado di giudizio) a favore del cittadino.

"Spesso i gestori dei servizi vanno avanti anche in presenza di palesi errori di calcolo", ha commentato ancora Marinelli in merito alla vicenda.

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