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Giuseppe, diabetico e invalido: “Sto facendo la quarantena in macchina, ho bisogno di una casa”

Giuseppe e la sua compagna vivono a Cesena e fino a due anni fa nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia, ma dopo una denuncia fatta dal vecchio vicino adesso vivono in macchina e chiedono aiuto. “Non voglio morire per strada” è l’appello del 59enne di origine campana, con diversi problemi di salute. “La revoca del programma speciale non può essere equiparata a un provvedimento esecutivo di sfratto” replica il Comune di Cesena, assicurando di aver offerto a Giuseppe alternative e “innumerevoli incontri con l’assessore ai servizi sociali”
A cura di Beppe Facchini
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“Sono disperato, cosa devo fare? Devo morire in mezzo alla strada?” non fa che ripetersi Giuseppe Peluso, 59enne originario di Napoli, ma residente da vent'anni a Cesena, che sull'orlo del baratro ha già tentato il suicidio in più di un'occasione. Il motivo? Assurdo, a pensarci bene. Giuseppe e la sua compagna, infatti, fino a due anni fa erano inseriti nel programma di protezione dello Stato per i collaboratori di giustizia, in quanto parenti di una persona che ha deciso di mettersi a disposizione nella guerra alla camorra in Campania. A seguito di una denuncia da parte del loro vecchio vicino, per banali discussioni tra dirimpettai (“Ce l'aveva con le mie buste dell'immondizia davanti casa, inventandosi di aver subito un'aggressione” racconta l'uomo), i due compagni di origine campana hanno perso il diritto di rimanere in quell'appartamento. E da allora, l'unica soluzione è stata quella di vivere in una macchina. “Una Multipla che il mio datore di lavoro doveva buttare” racconta Giuseppe, dipendente di una ditta di pulizia ma indebitato a causa di alcuni acquisti fatti proprio legati alla vecchia abitazione. “Ho comprato mobili, la tv – dice – e adesso devo pagare ogni mese 450 euro. Io però ne guadagno non più di 800, come faccio a permettermi un affitto?”.

Una volta perso il diritto alla sistemazione garantita dal programma di protezione, Giuseppe ha fatto comunque richiesta al Comune di Cesena per una casa popolare, ma il punteggio ottenuto non è risultato sufficiente. E a niente sono serviti i certificati medici che attestano anche il suo cagionevole stato di salute. “Ho il diabete, faccio quattro insuline al giorno, ho avuto pure due ictus e sono invalido al 67%” assicura l'uomo. Per presentare ricorso alle graduatorie comunali, oltre che a tutta la vicenda legata alla denuncia del vecchio vicino, Giuseppe è seguito da un avvocato e sta portando avanti le sue battaglie legali. Nel frattempo, però, non può fare altro che dormire in macchina o per strada. “Io la quarantena la sto facendo qui, davanti al Comune – racconta -. Prima facevo la doccia di nascosto in ospedale, adesso per fortuna c'è una signora che ogni giorno ci consente di farlo a casa sua. Ma io non chiedo molto, ho solo bisogno di un piccolo appartamento, il Comune di Cesena ha case popolari a disposizione: se potevo affittarne una, non facevo tutto questo.

Oltre all'indifferenza delle forze dell'ordine, che non possono non notarlo davanti al municipio dove ogni giorno Giuseppe si sistema con la sua compagna, “non sono mai stato ricevuto dal sindaco. A lui vorrei chiedere soltanto un aiuto -continua-. Non ce la faccio più, ma se ne fregano tutti. Io ho sempre avuto un letto caldo in cui dormire, ho sempre lavorato e pagato i contributi. Anche giù avevo una casa ma se l'è presa la camorra” conclude Giuseppe, implorando chi di dovere ad ascoltare le sue richieste, prima che sia troppo tardi.

Intanto, in seguito alla pubblicazione della sua storia su Fanpage.it, il Comune di Cesena precisa che "in merito al respingimento del ricorso per il mancato punteggio assegnato (attualmente ha 12 punti) il signor Peluso ha chiesto il riconoscimento del punteggio per lo sfratto dell'alloggio assegnatogli in base alla cessazione del programma speciale di protezione. Non si accoglie in quanto la revoca del programma speciale di protezione non può essere equiparata a un provvedimento esecutivo di sfratto che determini il rilascio coattivo dell'alloggio o a sentenza/provvedimento giudiziale munito di formula esecutiva che comporti il rilascio dell'alloggio".

"Rispetto all'ultima (di una serie) proposta di accoglienza in dormitorio -continua la precisazione dell'amministrazione cesenate-, il 24 marzo in accordo con l’Assistente Sociale abbiamo concordato l’inserimento in accoglienza notturna in Via Strinati 59 della coppia Peluso-Russo. Come si ricostruisce dalle mail il 24 sera si presentano in ritardo rispetto all’orario consentito per l’ingresso alle 21,30 dicendo che sarebbero tornati la sera successiva perché dovevano ritirare dei loro effetti personali da un’amica. Non si sono più presentati. Siamo a conoscenza del fatto che talvolta si presentano alla mensa Caritas in corso Comandini per ritirare il pranzo".

"Su un mancato ascolto da parte dell’Amministrazione comunale invece -proseguono dal Comune di Cesena- i coniugi sono stati ricevuti innumerevoli volte dall’Assessora ai Servizi Sociali Carmelina Labruzzo, dal Dirigente del Settore Servizi Sociali Matteo Gaggi e dallo Staff del Sindaco" mentre riguardo "i tentativi di suicidio, più che tentativi veri e propri si possono configurare come interruzione di pubblico esercizio. L'ultima volta il signor Peluso si voleva buttare dal primo piano della residenza comunale: in piena emergenza sanitaria abbiamo distolto ben tre agenti della Polizia Locale per intervenire e per disporre un accesso al Pronto Soccorso".

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