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Era stato maltrattato e segregato in stanza dai genitori, ragazzino si suicida a 16 anni ad Arzachena

Si è suicidato a 16 anni nella casa della zia materna ad Arzachena il ragazzo che nel 2019 denunciò di essere stato segregato in una stanza-prigione da parte dei genitori. Delle indagini emerse anche che veniva picchiato con un tubo di plastica dietro le ginocchia e nutrio solo con pane e pasta in bianco.
A cura di Ida Artiaco
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Dramma ad Arzachena, in Gallura. Si è suicidato a soli 16 anni il ragazzino che per anni era stato vittima di maltrattamenti da parte dei genitori e di una zia. La sua storia venne alla luce nel 2019, choccando tutta l'Italia. Sembrava si stesse riprendendo da quella terribile esperienza, poi nelle scorse ore è arrivata la notizia che si è tolto la vita nella casa della zia materna, "la zia buona", come la chiamava lui, a cui era stato affidato dopo la revoca della potestà genitoriale e la condanna della mamma e del papà. È stata lei a scoprirne il corpo: quando i soccorsi sono arrivati sul posto, non hanno potuto far altro che dichiararne il decesso.

Era il giugno del 2019 quando il ragazzino, che all'epoca aveva 11 anni, chiese aiuto ai carabinieri con un cellulare senza sim, all’ennesimo giorno di prigionia nella sua cameretta dov’era stato rinchiuso dai genitori, che avevano 47 anni lui e 43 lei, prima che uscissero. Ai militari che lo avevano liberato, aveva raccontato che la mamma e il papà lo rinchiudevano per punizione.

Non solo. Dalle indagini erano emerse anche le terribili e umilianti punizioni inflitte al bambino, segregato al buio nella sua stanza per ore, senza letto e con un secchio per fare i bisogni, e picchiato con un tubo di plastica dietro le ginocchia. Mangiava solo pane e pasta in bianco ed era costretto a fare anche 12 docce gelate d’inverno, privato di giochi, di indumenti e della lettura della Bibbia. L'11enne, come confermato dalla zia in uno degli interrogatori, doveva subire terribili punizioni per "correggere" il suo comportamento ritenuto troppo vivace.

Nel 2022 la Corte di Cassazione aveva confermato per i genitori e per la zia la condanna a otto anni di reclusione per maltrattamenti e sequestro di persona. La faccenda sembrava chiusa, ma le ferite del ragazzo erano tanto profonde che ha deciso di mettere fine alla sua vita.

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