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Durante la pandemia boom di richieste di aiuto per violenza sulle donne: +79,5% di chiamate al 1522

I dati Istat pubblicati nello studio “Le richieste di aiuto durante la pandemia” che ha raccolto tutte le richieste arrivate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza. Il picco di richieste durante il lockdown e la convivenza forzata. Si conferma l’aumentano delle violenze da parte dei familiari ma rispetto agli anni precedenti, nel 2020 sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età.
A cura di Antonio Palma
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Durante la pandemia covid in Italia, quando tra lockdown e coprifuoco la permanenza in casa è stata molto più alta, le richieste di aiuto per violenza sulle donne hanno subito un picco altissimo arrivando a quasi l’80 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto emerge dai dati Istat pubblicati nello studio "Le richieste di aiuto durante la pandemia" che ha raccolto tutte le richieste arrivate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking. Secondo quanto raccolto dall’istituto di statistica nazionale, nel 2020 le richieste sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, con picchi ad aprile e maggio (+176,9% e +182,2 rispetto al 2019).

Boom di richieste nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Complessivamente sono state 15.128 le donne che si sono rivolte al numero di emergenza per le violenze nel 2020 tra cui 2.361 che lo hanno fatto tramite la chat dedicata. L’andamento delle chiamate evidenzia chiaramente come proprio nel periodo del lockdown si sia verificata una crescita delle richieste di aiuto, ma ciò che impatta di più sull’incremento delle chiamate è la commemorazione del 25 novembre (giornata mondiale contro la violenza sulle donne). Una giornata che “sembra agire sulle vittime come “effetto motivazionale” nella ricerca di un supporto esterno” scrivono dall’Istat, sottolineando che “oltre la metà delle donne dichiara infatti che la violenza dura da anni” e non è limitata a quel periodo.

Più violenza durante la convivenza forzata del lockdown

L’abitazione si conferma il luogo principale della violenza che è in gran parte di tipo fisico. A essa si accompagna prioritariamente la violenza psicologica, quella economica e le minacce. Per questo, sottolinea l’Istat, “la convivenza forzata durante la fase di lockdown ha rappresentato in alcuni casi il detonatore per l’esplosione di comportamenti violenti, in altri l’aggravante di situazioni che già precedentemente erano violente, che hanno spinto, anche in contesti internazionali, a parlare di una doppia pandemia: epidemiologica e di violenza”.

Le violenze in casa da parte di coniugi e familiari

Del resto le richieste di aiuto confermano l’aumentano delle violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020). Le violenze riportate al 1522 sono soprattutto opera di partner (57,1% nel 2020) ed ex partner (15,3%); tuttavia nel 2020 sono in crescita anche quelle da parte di altri familiari come genitori e figli, mentre diminuiscono tutte le altre tipologie di autori. A rafforzare ulteriormente la connotazione della violenza domestica è il fatto che circa la metà delle vittime (40,8%) è sposata.

Aumentano le richieste di auto delle giovanissime

Tra le donne che si sono rivolte ai Centri nei primi 5 mesi del 2020, l’8,6% lo ha fatto proprio a causa di circostanze scatenate o indotte dall’emergenza dovuta al Covid-19, come ad esempio la convivenza forzata o la perdita del lavoro. Rispetto agli anni precedenti, nel 2020 sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età, che sono 11,8% del totale, e delle donne con più di 55 anni che sono il 23,2% del totale.

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