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Covid 19

Torna a casa la prima paziente curata con il tocilizumab, il farmaco anti artrite

Una delle pazienti trattate con il Tocilizumab all’ospedale Cotugno di Napoli, una donna di 59 anni, è guarita ed è tornata a casa: è la prima paziente trattata con il farmaco anti artrite che torna a casa. Era stata ricoverata in gravi condizioni per una polmonite da Covid-19 a inizio mese. “È un ulteriore segnale di attività del farmaco”, ha commentato l’oncologo Paolo Ascierto.
A cura di Annalisa Cangemi
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La prima paziente trattata con il tocilizumab è tornata a casa. Si tratta di donna di 59 anni, che era stata ricoverata in gravi condizioni per una polmonite da Covid- 19, all'inizio di marzo, al ‘Cotugno' di Napoli. La paziente, convalescente, è di nuovo in famiglia.

Lo scorso 13 marzo la donna è stata trattata con il farmaco anti artrite, utilizzato nell'ambito di una sperimentazione nata dalla collaborazione tra l'Azienda ospedaliera dei Colli, alla quale fa capo il Cotugno, e l'Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. Le condizioni della malata sono subito migliorate e oggi ha potuto lasciare il reparto di Malattie infettive diretto Roberto Parrella del ‘Cotugno'. "È un ulteriore segnale di attività del farmaco", ha detto Paolo Ascierto, l'oncologo del ‘Pascale' che per primo ha avuto l'intuizione di usare il farmaco noto per curare gli effetti collaterali dell'immonuterapia per le complicanze della polmonite da coronavirus. "Resta, tuttavia", ha aggiunto, "il cauto ottimismo".  È cauto anche Vincenzo Montesarchio, dg del Monaldi, benché non nega che "ottimi segnali vengono dagli altri pazienti trattati".

La sperimentazione del farmaco è stata portata avanti anche dal professor Giustino Parruti, direttore della Uoc Malattie Infettive di Pescara. Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio ha detto oggi che il tocilizumab "sembrerebbe avere un effetto importante: bloccare il progresso dell'infiammazione sui polmoni". A conferma di quella che resta per ora una tesi, c'è anche uno studio scientifico portato avanti in questi giorni dall'Università de L'Aquila e nello specifico dal professor Giacomelli, immunoreumatologo.

"Capite bene – ha aggiunto Marsilio – che se questa sperimentazione portasse come risultato non dico all'eliminazione, sarebbe ingenuo crederlo e pensarlo, ma una forte riduzione di persone infette che vanno in crisi respiratoria con il bisogno di essere intubate, avremmo risposto a una parte importante di questa battaglia. Non è un vaccino né un medicinale che fa sparire la malattia, ma ne ferma la progressione mortale". Il farmaco che è ora sperimentato dall'Aifa.

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