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Coronavirus, l’epidemiologo Lopalco: “Mascherine saranno necessarie finché non avremo un vaccino”

L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, professore dell’università di Pisa e consulente per l’emergenza coronavirus in Puglia, spiega perché dovremmo abituarci a convivere con le mascherine e con il distanziamento sociale, almeno per una stagione, cioè per il tempo che servirà per trovare un vaccino contro il Covid-19.
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A cura di Annalisa Cangemi
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Pierluigi Lopalco
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L'epidemiologo Pierluigi Lopalco, professore dell'università di Pisa e consulente per l'emergenza coronavirus in Puglia, la sua regione, spiega in un colloquio con Askanews perché per un po' dovremmo abituarci a vivere con le mascherine, almeno finché non avremo un vaccino contro il virus.

Lo studioso ha commentato i dati che arrivano dal Centro per i modelli delle malattie infettive dell'Imperial College di Londra: quasi 6 milioni di reali contagiati da coronavirus in Italia e 38mila morti evitate con le misure di contenimento. "Sono i modelli dinamici basati sui dati riportati dall'Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, è stato valutato l'impatto delle diverse misure di contenimento in 11 Paesi europei, che ovviamente si trovavano in fasi diverse dell'epidemia. Come le leggere i risultati? Più in termini di tendenza che non di numeri assoluti, un modello offre una lettura generale del fenomeno, non si deve andare a spaccare il capello, sono modelli complessi con equazioni complesse anche un minimo parametro un po' più alto o basso cambia tutto. Infatti basta guardare gli intervalli di confidenza, le cosiddette forchette: l'incidenza stimata della malattia sulla popolazione italiana è 9.8%, forchetta dal 3% al 25%; il numero cumulativo 5,9 milioni di contagiati stimati, valore medio, con una forchetta da un minimo di 2 a un massimo di 15 milioni. Io credo che 2 milioni di contagiati in Italia ci siano, credo l'indicatore inferiore sia la cifra più vicina alla realtà, è molto credibile".

Quindi per il professore quello dell'Imperial College "è uno studio interessantissimo ma interpreta l'Italia come se fosse un'unica bolla all'interno della quale si è sviluppata l'epidemia. Non è così. Abbiamo avuto un'esposizione al virus enormemente superiore al nord rispetto al sud. E di questo dobbiamo tener conto anche ai fini delle politiche di riapertura. Questi milioni di contagiati ovviamente non sono sparsi in maniera equa su tutto il territorio, ad esempio dubito che il 10% della popolazione si sia infettata in Sardegna. Quindi i dati dello studio vanno assunti come una stima grossolana di quello che è potuto succedere, come se la popolazione italiana fosse interessata dal fenomeno in maniera omogenea. Sono dati interessantissimi, ci danno la direzione, ma vanno interpretati con intelligenza".

Quale direzione indicano? Lopalco indica tre punti: 1) "Prima cosa fondamentale: servono con una certa urgenza studi siero-epidemiologici. I modelli mi dicono da 2 a 15 milioni italiani hanno contratto il virus? Io voglio sapere dove sono, in quali fasce di età, in quali regioni. Perché questo è elemento di conoscenza importantissimo per pianificare la ripresa delle attività. 2) L'altra cosa che ci dice lo studio, sempre con le dovute cautele, il numero di morti prevenuto, sono dei numeri spaventosi che sottolineano l'importanza delle misure prese dal governo italiano e soprattutto sono un cubitale warning, segnale di attenzione e di estrema cautela da tenere presente nel momento in cui si decida di diminuire le misure di contenimento e di distanziamento sociale". Qui il modello parla chiaro: "La curva della proiezione della mortalità in assenza di misure è impressionante, in Italia le misure hanno evitato 38mila morti al 31 marzo, con una stima che va 13 fino a 84mila morti evitate, persone salvate".

3) "Terza cosa importante che ci dice lo studio è che le misure di contenimento e distanziamento hanno rallentato la velocità di trasmissione che è diminuita da 3,87% fino a poco più dell'1%, quindi con le misure di distanziamento sociale sul territorio la velocità con cui il virus si trasmette diminuisce e permette di tenere l'epidemia sotto controllo. Sotto l'1% l'epidemia si ferma. Man mano che si va avanti con le attività di contenimento arriveremo al punto in cui la curva epidemica si abbasserà fino fino a spegnersi".

Non illudiamoci però non tornerà tutto come prima: "Le misure di distanziamento sociale non saranno abolite, noi non abbiamo il vaccino quindi dobbiamo sempre tenere sotto controllo la trasmissione del virus perché la trasmissione non si potrà interrompere altrimenti. Il discorso è semplice e significa ad esempio che se noi dovremmo entrare in un locale molto affollato come la metropolitana dovremmo portare la mascherina, è una misura, e finché non avremmo un vaccino non potremmo farne a meno. Non arriverà mai il momento in cui diciamo stop, tutti fuori come prima. Questo potrà avvenire solo e soltanto quando avremo un vaccino che avrà messo in sicurezza la popolazione".

Perché, sottolinea, "L'epidemia si blocca esclusivamente con il vaccino. Ammettiamo che le stime dell'Imperial College siano giuste sul limite superiore, cioè il 26% della popolazione sia infetta, con questa percentuale, che è enorme, il virus comunque circola tranquillamente, per l'immunità di comunità serve che la percentuale degli infettati sia il 70%-80%. Solo così – senza misura alcuna – il trasmission rate va sotto l'1% e si spegne l'epidemia. E tali percentuali non si raggiungono mai con un'unica ondata pandemica. Inaccettabile lasciar correre il virus, non c'è bisogno neanche più di dirlo, lo abbiamo visto cosa succede. Adesso dobbiamo far passare l'ondata, studiare bene le dinamiche che il virus ha creato nella popolazione, le fasce più colpite, quelle meno colpite. Organizzare una riapertura in sicurezza. Serve una strategia complessa, fatta di tante misure, fra cui quella banalissima e irrinunciabile di portare tutti le mascherine se ci avviciniamo a meno di un metro da un'altra persona. Ovviamente non servono per fare jogging in solitaria o andare in auto. Ma dovremmo abituarci a portarle. Anche in spiaggia? Dovremmo vedere come si comporta il virus col caldo, con il vero caldo, non ho grandi speranze su questo, e comunque vada non riesco a immaginarmi in nessun caso nemmeno in una spiaggia una folla di gente. Dovremmo immaginare un modo di goderci l'aria fresca senza ammassarci. Dobbiamo capire che non potremo per i prossimi mesi stare appiccicati l'uno all'altro".

Distanza e mascherine, saranno necessari, "ma stiamo fondamentalmente parlando di una stagione io spero che l'inverno prossimo già avremmo i primi vaccini disponibili". Quindi "una riapertura graduale mettendo in sicurezza le persone fragili, una strategia complessa – con una forte sorveglianza sanitaria che individui subito il primo eventuale caso sospetto e lo isoli – che ci permetta di arrivare col minimo di incidenza di casi di malattia e soprattutto eviti i casi gravi fino al vaccino. Non stiamo parlando di tutta l'esistenza ma dei mesi che ci separano dalla fine della prima ondata pandemica fino alla messa a punto del vaccino".

Prima di lasciarci con un'immagine di una bella spiaggia non affollata Lopalco chiude con un avvertimento, che è più un appello: "Lanciare da subito una forte campagna di acquisto e uso dei vaccini influenzali, dobbiamo avere scorte perché andranno a ruba. E dovremmo raggiungere altissime coperture, non possiamo permetterci di arrivare all'inverno con l'incertezza: è influenza o coronavirus".

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