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Coronavirus, la verità dell’Oms: l’Occidente deve ringraziare la Cina, e prendere esempio

Non hanno mai occultato i dati. Hanno dato risposte tempestive e radicali. Hanno sacrificato un po’ della loro crescita per guadagnare credibilità. E hanno dato tempo all’Occidente per prepararsi a fronteggiare l’epidemia. Ecco perché il delegato dell’Oms Bruce Aylward ha pubblicamente elogiato la Cina. Ecco perché forse dovremmo prendere esempio, anziché puntare il dito.
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di Michele Boldrin

L’intervista del dottor Bruce Aylward – capo della delegazione di esperti dell’OMS di ritorno dalla Cina – segna uno spartiacque fra la prima e la seconda fase della crisi sanitaria mondiale “Covid-19”. Dalla seconda metà di gennaio a ieri abbiamo vissuto in un film dell’orrore. Il sentimento dominante – diffuso da quasi tutto il sistema mediatico, filtrando attentamente sia che notizie dare che quali esperti ascoltare – è da cinque settimane quello della catastrofe incombente.

Eravamo minacciati da un pericolo misterioso che un governo autocratico – a capo di una popolazione a noi sostanzialmente aliena, dedita a pratiche alimentari e sanitarie primitive – malgestiva e nascondeva, non rivelandoci i fatti ed occultando disastri di variabile entità. La Cina era un paese dannato, dove i corpi di decine di migliaia di morti venivano cremati da un regime criminale per occultare la tragedia in corso.

Da ieri questo gioco al massacro – che aveva sia fini di promozione personale che di sciacallaggio politico e che ha invece rafforzato, all’interno della Cina, l’autorità di Xi Jinping – è finito. Il mondo deve affrontare una grave crisi sanitaria di cui si possono delineare scientificamente i tratti e le caratteristiche; i mostri non ci sono più e, soprattutto, non ci sono mai stati. Il Paese che ha dovuto affrontare per primo il Covid-19, nella totale impreparazione sua e di chiunque altro, non ci ha mentito, non ha occultato i fatti ed è totalmente disponibile a condividere con noi quello che questo mese e mezzo di battaglia sul campo gli ha permesso di apprendere.
Cos’ha detto, in brutale sintesi, Aylward?

Ha detto che a partire da gennaio l’azione del governo cinese è stata esemplare – per rigore e creatività, oltre che per la sistematicità con cui le misure di contenimento sono state applicate, in particolare nella provincia di Hubei.

Ha detto che dati cinesi NON erano truccati. Imprecisi, incompleti (specialmente all’inizio ed in particolare da Hubei) a volte confusi ma non intenzionalmente alterati con l’obiettivo di presentare una situazione diversa da quella reale sul terreno. I numeri ufficiali erano e sono fondamentalmente corretti.

Ha detto che il complesso degli interventi delle autorità cinesi ha radicalmente alterato il corso dell’epidemia, bloccando molti dei canali “tradizionali o naturali” di trasmissione. Detto altrimenti: l’azione delle autorità cinesi ha radicalmente cambiato il modello di diffusione del virus. Questo spiega perché le previsioni “matematiche” di tipo catastrofico, che mai hanno avuto una vera base scientifica, siano definitivamente da buttare.

Ha detto che il sistema sanitario cinese, superato lo shock dei primi giorni, non è stato travolto. La solidarietà tra provincie (invio massiccio di personale e materiali nello Hubei da altre aree) è stata enorme ed esemplare. Il numero delle persone testate quotidianamente ha raggiunto valori di quasi 50mila ed è ora attorno ai 15mila. Chi per settimane ha insistito che i cinesi non erano in grado di testare ha diffuso panico infondato.

Ha detto che l’informazione della popolazione su misure semplici ma importanti è stata capillare ed efficace. Aver seguito rigorosamente le precauzioni del vivere quotidiano ha giocato un ruolo fondamentale, accanto alla segregazione di intere città e quartieri, nel rallentare drammaticamente la diffusione del virus.

Ha detto che tutti i dati a nostra disposizione dicono che non esiste diffusione occulta o non rilevata dell’infezione: quello che c’è viene misurato e quello che viene misurato è quel che c’è. Tutti gli indicatori credibili a disposizione suggeriscono che l’epidemia sia ora, in Cina, nella sua fase discendente.

Ha detto che questa è una infezione grave che va combattuta seriamente, senza improvvisazioni o facilonerie ma con grande rigore scientifico. Non è una semplice influenza ma non è nemmeno la SARS. I casi di trasmissione da asintomatici non sono, ad oggi, un fattore rilevante. La letalità misurata segue esattamente gli stessi pattern demografici e socio-economici dei virus influenzali.

Ha detto che tutti i parametri stimati seguono, da settimane, un trend univoco e discendente. I sistemi sanitari e la popolazione del mondo occidentale non sono preparati e vanno attrezzati. Il mese di tempo che il grande sforzo cinese ci ha permesso di guadagnare non è stato utilizzato ottimamente. Occorre farlo con metodo scientifico e razionalità, valutando i costi ed i benefici di ogni misura da adottare e tenendo in conto le profonde differenze delle due popolazioni e dei due sistemi sanitari.

Sarebbe il caso che, anche in Italia, si smettesse di produrre ed ascoltare maratone di chiacchiere, lanci scandalistici e profeti della fine del mondo e si cominciasse a raccontare, scientificamente e molto tranquillamente, i fatti. A partire da quelli illustrati da Aylward.

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Dall’autunno del 2006 sono University Distinguished Professor alla Washington University in Saint Louis . Nato a Padova, vissuto a Mestre tra i 10 ed i 27 anni, mi sono laureato in economia a Ca’ Foscari nel luglio 1982. Nel settembre del 1983 ho iniziato a frequentare il programma di PhD in economia della University of Rochester, NY. In seguito ho lavorato a University of Chicago (1986-87), UCLA (1987-90), Kellogg GSM, Northwestern University (1990-94), Carlos III de Madrid (1994-99) e University of Minnesota (1999-2006). In Spagna ho coordinato l’attività accademica di FEDEA (www.fedea.es) dal 2006 al 2012, dirigendola dal 2012 al 2014. Facevo parte del gruppo che, nel 1986-87, diede inizio al programma di economia del Santa Fe Institute con il quale ho collaborato sino alla metà degli anni ‘90. La mia ricerca accademica ha spaziato in vari campi; forse troppi ma mi annoia ripetermi. Ho studiato soprattutto la crescita ed i cicli economici, la valutazione dei titoli finanziari, i sistemi di welfare e quello pensionistico in particolare, il progresso tecnologico, il mercato del lavoro, i sistemi di proprietà intellettuale, l’evoluzione della fertilità, il commercio internazionale. In questi ultimi anni mi sto occupando di innovazione, banche e moneta, rivoluzione industriale, effetti di lungo periodo del processo di globalizzazione. Il miei due libri piu recenti sono: Against Intellectual Monopoly (con David K. Levine, Cambridge UP 2008, Laterza 2012) e Tremonti: Istruzioni per il disuso (con A.Bisin, S.Brusco, A.Moro, G. Zanella, 2010 e 2011). Sono uno dei cinque che, nel 2006, crearono il blog noiseFromAmerika, la culla intellettuale del (fallito purtroppo) movimento Fermare il Declino.
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