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Chi era Donato Bilancia, il serial killer che terrorizzò l’Italia tra il 1997 e il 1998

Nel giro di appena sette mesi, tra l’ottobre del 1997 e l’aprile del 1998, Donato Bilancia ha ucciso 17 persone tra Liguria e basso Piemonte, scegliendo vittime casuali: cambiavalute, prostitute, passeggeri sui treni. Dopo l’arresto, ha confessato tutti i delitti. È morto di Covid il 17 dicembre 2020 nel carcere di Padova.
A cura di Biagio Chiariello
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Donato Bilancia
Donato Bilancia

Donato Bilancia è stato uno dei più spietati serial killer della storia italiana. Tra l’ottobre del 1997 e l’aprile del 1998 ha seminato il terrore tra Liguria e Piemonte, uccidendo diciassette persone in poco più di sei mesi. Arrestato nel maggio dello stesso anno, ha confessato ogni delitto, avvenuto in un raggio ristretto, spesso lungo l’asse ferroviario tra Genova e la Riviera di Ponente.

Le sue vittime erano uomini e donne scelti senza uno schema fisso: prostitute, cambiavalute, impiegati, metronotte, passeggeri solitari. I delitti, compiuti con freddezza e precisione, si distinguevano per la brutalità improvvisa. Alcuni omicidi avvenivano per rapina, altri per vendetta o per un impulso di rabbia incontrollata. Tre furono compiuti a bordo di treni regionali, guadagnandogli il soprannome di “killer delle ferrovie”.

Condannato a tredici ergastoli, Bilancia è morto nel carcere di Padova il 17 dicembre 2020, all’età di 69 anni, a causa del Covid-19. Non ha mai mostrato un vero segno di pentimento.

Chi era Donato Bilancia e perché ha iniziato a uccidere

Nato a Potenza nel 1951, Donato Bilancia ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Genova, in un contesto familiare difficile, segnato da solitudine e disagi. Cresciuto ai margini della società, si è costruito nel tempo un'esistenza frustrata, fatta di piccoli traffici, dipendenza dal gioco d’azzardo e fallimenti personali. Apparentemente schivo e inoffensivo, nascondeva una rabbia latente, pronta a esplodere in una spirale di violenza.

Tra l’autunno del 1997 e la primavera del 1998, Bilancia ha ucciso diciassette persone, lasciando sgomente le forze dell’ordine. Le sue vittime appartenevano a contesti sociali eterogenei: cambiavalute, prostitute, conoscenti, automobilisti, passeggeri anonimi. Non seguiva un disegno preciso, e questa imprevedibilità ha reso l’indagine complessa e il panico diffuso.

Tutto avrebbe avuto origine, secondo la sua confessione, da una profonda umiliazione subita in una sala da gioco, quando un amico lo derise per aver barato. Da lì, il primo omicidio, nato come vendetta, si trasformò presto in una compulsione omicida. Colpiva per rabbia, per affermare potere, per punire figure che odiava o che lo avevano messo in crisi.

Colpiva con lucidità, anche in luoghi pubblici. I treni regionali, con passeggeri isolati e vagoni semivuoti, erano per lui ambienti ideali. Ma anche la strada, le case, i parcheggi diventarono teatri di morte. Il suo profilo psicologico appariva disturbato ma non incompatibile con il carcere: narcisismo patologico, insicurezza cronica, e un’idea distorta del mondo che lo circondava.

Donato Bilancia scortato dagli agenti
Donato Bilancia scortato dagli agenti

Bilancia non ha mai mostrato rimorso durante gli interrogatori. Dopo la condanna, ha trascorso il resto della vita in prigione, chiuso nel proprio silenzio.

Chi erano le vittime di Donato Bilancia

Diciassette le vite spezzate dalla furia omicida di Donato Bilancia. Vittime scelte apparentemente a caso: donne e uomini di età, professioni e contesti diversi. Alcuni erano bersagli mirati, altri colpiti solo per trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dietro ogni omicidio, tuttavia, si celava il bisogno di dominio e di sfogo.

Le prime furono cambiavalute eliminati per denaro. Poi arrivarono le prostitute, uccise dopo incontri fugaci. Ma tra le vittime ci furono anche passeggeri solitari: tre donne assassinate sui treni regionali. Una studentessa, un’impiegata, una pendolare: accomunate solo dalla solitudine e dalla casualità del destino.

Alcuni delitti furono dettati da rancori personali, come quello di un amico d’infanzia o di un conoscente ucciso per gelosia. La violenza di Bilancia non seguiva regole, ma un impulso cieco, alimentato dalla frustrazione e dal disprezzo per gli altri.

Un giovane Donato Bilancia
Un giovane Donato Bilancia

Negli ultimi anni di prigionia nel carcere Due Palazzi di Padova, Bilancia si confrontò con la propria coscienza. Al suo confessore, don Marco Pozza, rivelò: “Andrò all’inferno, ma chiederò a Dio un attimo per chiedere scusa alle vittime.” Parole che non cancellano l’orrore, ma restituiscono un’ultima immagine di fragilità.

Poco prima di morire, aveva anche chiesto permessi per assistere un ragazzo disabile, gesto interpretato da alcuni come un segnale di umanità tardiva. Ma il Covid lo ha stroncato nel dicembre 2020, portando via con sé le domande mai risolte su cosa davvero lo abbia spinto a uccidere.

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