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“Andrò all’inferno, ma chiederò scusa alle vittime”: le ultime parole di Donato Bilancia

“Andrò all’inferno, ma chiederò a Dio un attimo per chiedere scusa alle vittime”, sono le parole che Donato Bilancia ha detto al suo confessore don Pozza al carcere due Palazzi prima di essere stroncato dal Covid. Dalla condanna serial killer dei treni ha trascorso 22 anni in carcere. Nell’ultimo periodo aveva chiesto permessi per assistere un ragazzo disabile.
A cura di Angela Marino
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"Sono lì sul divano che sto guardando la TV, mi alzo, vado a uccidere una donna su un treno. Perché? Non posso rispondere. Io ricordo tutto, momento per momento, però sul perché non posso rispondere "."Non ero io quello, non sento la responsabilità. Era come se, guidando un’autovettura, fossi finito sulla pensilina di un autobus e avessi ammazzato 15 persone. Questa è la sensazione che sento".

Ventidue anni di carcere ci avevano fatto dimenticare Donato Bilancia, avevano cancellato dalla memoria le immagini dei cadaveri e dall'inconscio la paura irrazionale che potesse spuntare, di notte, sul vagone di un treno in corsa, con la sua Smith & Wesson stretta in pugno. Era così che faceva. Dopo un esordio criminale nel suo mondo, quello delle bische clandestine, con i sette omicidi genovesi, Donato Bilancia, giocatore compulsivo, aveva spostato l'asse del suo desiderio. Prima, nel mondo della prostituzione, un'altra comfort zone fatta di prede facili una situazione di rischio poi, verso il mondo delle persone comuni, dei viaggiatori, diventando il personaggio che noi tutti ricordiamo, il serial killer dei treni. Questo passaggio, avvenuto quando, Bilancia, una vita di rapine e furtarelli, sempre ai limiti della legalità, era ormai un uomo maturo, lo ha portato sui piccoli schermi, protagonista indiscusso dei telegiornali. Incredibilmente accessibile e paurosamente vicino a ch, da casa, seguiva la sua parabola assassina, Bilancia era diventato un predatore onnivoro che uccide chi gli capita a tiro, eccitato dalla paura e dall'impotenza della vittima.

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Dobbiamo a Lorena, vittima scampata alla morte per aver resistito all'assassino, uno degli elementi fondamentali per l'arresto di Bilancia. Fu quando la ragazza, che all'epoca si guadagnava da vivere prostituendosi, scorse il calcio di una pistola spuntare dalla tasca di uno sportello, nell'abitacolo della Mercedes dove lui le aveva fatto credere che avrebbero consumato un rapporto sessuale a pagamento. Capì. Prese tempo, si spogliò lentamente, poi si diede alla fuga urlando nel buio del giardino a Novi Ligure dove erano parcheggiati, mentre due metronotte soccombevano alla pistola di Bilancia per esserle corsi in aiuto.

L'intervista di Paolo Bonolis a Donato Bilancia
L'intervista di Paolo Bonolis a Donato Bilancia

Quella notte lei ebbe salva la vita, la polizia ebbe un identikit. Il killer dei treni, il mostro della Liguria, come avevano preso a chiamarlo sarebbe stato arrestato il 6 maggio 1998, dopo un anno di attività in cui era riuscito a uccidere 17 vittime. Da imprendibile assassino dell'oscurità, era diventa un uomo comune, dall'aspetto dimesso. Preso grazie a una serie di multe incassate saltando il pedaggio, sarebbe stato incastrato dal DNA presente su uno dei corpi, sul quale si era masturbato e una serie di impronte. Donato Bilancia non ha mai negato gli omicidi, anzi, ha confessato anche quello di Giorgio Centanaro, passato per morte naturale. Accettò la condanna a 13 ergastoli ritenendola giusta, ma senza mai sentire il bisogno di chiedere scusa alle vittime, non subito, almeno.

Due vittime del serial killer
Due vittime del serial killer

Sentiva il bisogno di spiegare, di raccontarsi. Lo avrebbe fatto da Franca Leosini, la regina delle confessioni televisive, ma lei disse no. Allora lui si fece intervistare in carcere per il contenitore Rai, ‘Domenica In', dall'allora conduttore Paolo Bonolis. "Meriterei la condanna a morte", diceva, toccando con la mano il presentatore, oltre il tavolo. Andò in onda tra le polemiche generali una domenica pomeriggio, mentre su Mediaset si parlava del Grande Fratello. Fu uno scandalo.Dopo quell'episodio finì sepolto in isolamento in carcere, nessuno ne parlò più. In silenzio, lontano dai riflettori, aveva combattuto la noia studiando, si era diplomato in ragioneria e laureato in Progettazione e gestione del turismo culturale. Al contrario di quanto aveva detto a Bonolis, davanti al quale si era dichiarato ateo, aveva cominciato a pensare a Dio. Di recente aveva chiesto dei permessi per poter assistere un ragazzo disabile, ma non gli sono stati concessi. Se ne è andato,ucciso dal Covid, dicendo al suo confessore, don Marco Pozza: "Andrò all'inferno, ma prego Dio di darmi un attimo per passare dalle vittime e chiedere loro scusa".

"Figura incomprensibile" lo ha definito il criminologo e psichiatra, Massimo Picozzi, co-autore con Carlo Lucarelli di un libro sui serial killer "Quando un assassino seriale uccide come Bilancia, per motivazione personale, per vendetta e per piacere, il lavoro investigativo è difficilissimo".  Intelligente sopra la media, con un QI di 120, eppure disorganizzato, Donato Bilancia non è mai stato codificato con la griglia dei profiler. Nato in Basilicata, ma cresciuto in Liguria, segnato dagli abusi fisici ed emotivi del padre, che lo umiliava in pubblico mostrando i suoi genitali per schernirlo, finisce due volte in coma per due diversi incidenti stradali. Alla fine degli anni Ottanta, a 37 anni, resta scioccato dal suicidio del fratello, lanciatosi sotto un treno con in braccio il figlioletto di 4 anni. Giocatore compulsivo, nell'ambiente delle bische clandestine diventa noto con il nome di "Walterino". Vince soldi, li perde, gioca di nuovo. È allora che comincia a uccidere creditori e nemici del mondo delle bische. Cambiando vittimologia e schema per poi passare alle prostitute e infine, ai viaggiatori dei treni. Di lui parlano libri e serie Tv, senza riuscire a spiegare quello che lui stesso ignorava: "Non lo so perché, non ero io".

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