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“Gay no, comunisti nemmeno”: lo chef (con la svastica) Paolo Cappuccio nel mirino di Arcigay e politica

Un annuncio di lavoro dello chef stellato Paolo Cappuccio, con frasi discriminatorie contro comunisti, gay e persone con dipendenze, scatena un caso nazionale. Critiche da politica e associazioni, Arcigay valuta azioni legali. Il cuoco napoletano rilancia: “Ho la svastica tatuata, è un gesto di protesta”.
A cura di Biagio Chiariello
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Un’offerta di lavoro, pubblicata su Facebook, si è trasformata in un caso nazionale. Paolo Cappuccio, chef napoletano con una carriera di 35 anni alle spalle e diverse stelle Michelin, cercava personale per un hotel in Val di Fassa. Ma non si è limitato a elencare ruoli e competenze: ha scritto nero su bianco chi non voleva tra le sue fila. Tra le “categorie escluse”: comunisti, fannulloni, persone con problemi di alcol o droga, e chi ha “problemi di orientamento sessuale”. Una chiusura sarcastica – "se resta qualche soggetto più o meno normale, ben volentieri" – ha dato il colpo di grazia.

In poche ore il post è stato rimosso, ma ormai era diventato virale. E mentre i social si dividevano tra chi lo difendeva ("Avrà pure il diritto di scegliere chi assumere!") e chi lo attaccava duramente ("Il Vannacci dei fornelli!"), le associazioni si sono mosse. Arcigay ha annunciato la possibilità di un’azione legale: "Ci stiamo informando per procedere", ha dichiarato Shamar Droghetti, presidente dell’Arcigay Trentino. "Non è solo una frase infelice, è una violazione della legge. Discriminare sul lavoro per l’orientamento sessuale è vietato. Speriamo di avere presto un quadro giuridico chiaro, il nostro avvocato sta valutando i prossimi passi".

Per l’associazione non si tratta di un episodio isolato:

Questo annuncio fotografa un’Italia dove il pregiudizio è ancora profondo. È solo uno dei casi venuti a galla, ma la discriminazione sommersa è ovunque. Chi cerca lavoro spesso viene giudicato per chi è, non per ciò che sa fare".

Anche la politica ha reagito. Il consigliere provinciale del PD Paolo Zanella ha definito il post "una legittimazione all’odio": "Nel 2025 c’è ancora chi crede sia normale discriminare per orientamento sessuale o appartenenza politica. Il principio di uguaglianza è sancito dalla Costituzione. E non va dimenticato il rispetto dovuto anche a chi ha affrontato problemi di dipendenze: situazioni personali spesso drammatiche, che meritano sostegno, non derisione".

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Il primo bersaglio del post, però, sono stati i "comunisti". E la segretaria del Partito Comunista di Trento, Valeria Allocati, ha replicato duramente: "Comprendiamo perché non vuole comunisti in cucina: per avere le mani libere. I comunisti difendono i diritti e la sicurezza sul lavoro, contro sfruttamento e precarietà. La sua è una forma di discriminazione culturale e sociale, e i social sono lo strumento per farsi pubblicità nel modo più becero. Non ci avrà come clienti".

Non è la prima volta che Cappuccio finisce nella bufera: già nel 2020, con un altro annuncio per la stagione estiva a Caorle, aveva usato toni simili e scatenato polemiche.
E lui, tutt’altro che intimorito, ha deciso di rilanciare. Prima dai microfoni de La Zanzara su Radio 24, poi in una lunga intervista a Il Giornale.

Lo chef, in radio, ha ammesso di avere tatuata una svastica. "Sta sotto la divisa, quindi non si vede", ha detto con tono provocatorio. "Per me è un gesto di ribellione. Quando sarà illegale la falce e martello, allora la toglierò. Non capisco perché Che Guevara fa figo e la svastica no". Aggiunge poi, senza remore: "Ho anche tatuato Mussolini. Mi affascina la sua figura. Ha fatto tante cose buone, poi si è alleato a Hitler e ha sbagliato". E prosegue con un paragone che ha indignato molti: "Ci hanno detto che la rovina del mondo erano Mussolini, poi il Führer e per finire Berlusconi. Ora che non ci sono più tutti e tre, stiamo meglio?".

Le sue parole hanno riacceso le polemiche, rendendo il caso ancora più esplosivo. "Non voglio comunisti e fancazzisti nel mio ristorante", ha ribadito. Solo che stavolta ha coniato un nuovo termine: "struscia ciabatte".

In un’intervista al Corriere del Trentino, Cappuccio prova a giustificarsi: "Cercavo solo lavoratori seri. Era uno sfogo. Sono stanco di chi si presenta con mille hobby e poca voglia di lavorare. I diritti dei lavoratori sono sacrosanti, ma ci sono anche dei doveri". Quanto alla parte più controversa – l’accenno agli orientamenti sessuali – tenta una toppa che però peggiora il quadro: "Non ho nulla contro i gay, ho amici omosessuali con cui vado in vacanza. Ma chi ostenta crea tensioni nella squadra. Bisogna mantenere professionalità".

Poi rilancia un’altra accusa, che suona come un pericoloso cortocircuito: "Mi riferivo a chi ha un orientamento rivolto ai minori. Un mio ex dipendente si è rivelato pedofilo. Quella vicenda mi ha segnato". Una confusione terminologica che ha suscitato ulteriore indignazione tra le associazioni LGBTQ+, che l’hanno letta come un tentativo di equiparare l’omosessualità alla pedofilia.

Nel suo lungo sfogo, Cappuccio se la prende anche con i dipendenti. "Siamo diventati loro schiavi. Ci ricattano. Se li riprendi per un errore, si mettono in malattia. Se minacci di licenziarli, ti dicono che li pagherai comunque per tutta la stagione". Infine, affonda anche contro la televisione: "Masterchef è la rovina dei cuochi. Quella è fiction. Non forma nessuno, non ha nulla a che vedere con la gavetta vera".

Intanto, i suoi ex datori di lavoro hanno voluto prendere le distanze. Il ristorante "La Casa degli Spiriti" di Costermano, sul lago di Garda, dove Cappuccio ha lavorato oltre dieci anni fa, ha diffuso un comunicato: "Giudichiamo queste affermazioni discriminatorie e inaccettabili. Sono diametralmente opposte ai valori della nostra realtà, sia ieri che oggi. La sua opinione è da ritenersi del tutto autonoma e contraria alla nostra etica".

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