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Brusca libero, la rabbia di Santino Di Matteo: “Lo Stato si è fatto fregare, quello non è umano”

Parole durissime dell’ex mafioso e collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, padre di Giuseppe, il bimbo di 13 anni che Giovanni Brusca, scarcerato ieri per fine pena, fece sequestrare e poi sciogliere nell’acido per convincere il padre a non parlare: “U verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni?”
A cura di Giorgio Scura
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"Ha sciolto mio figlio nell'acido, ha strangolato una ragazza incinta, Brusca non appartiene alla razza umana: se lo trovo per strada non so cosa succede". A parlare è il collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, padre di Giuseppe, ucciso e sciolto nell'acido a 13 anni proprio da Giovanni Brusca, il boss scarcerato ieri per fine pena.

Volevano farlo tacere, per quello Giovanni Brusca, il fratello Enzo e Totò Riina, avevano deciso di sequestrargli il figlio, lo hanno tenuto prigioniero con una catena al collo. Per due anni. Prima di ucciderlo e scioglierlo nell'acido.

"Dopo trent’anni vado ancora testimoniare ai processi – dice l'ex mafioso intervistato dal Corsera – . Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore? Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza. A chi devo dirlo? È passato meno di un anno da quando avevano liberato un carceriere di mio figlio, a Ganci, il paesino delle Madonie, uno dei posti del calvario. Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io. La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità".

Parole dure e da un certo punto di vista comprensibili: "Lo Stato si fa prendere per i fondelli. Riina è morto in carcere. E così doveva andare per Brusca. Tu hai fatto cose atroci. Statti tranquillo, dentro. Ti diamo qualcosa, ma non puoi uscire. Perché se esce, che giustizia è? Se lo dico io, forse vale poco, ma dovrebbero essere tanti a ribellarsi. Invece, so come finirà: giornali e tv ne parleranno per due giorni, poi il silenzio trionferà e quel mascalzone si godrà la libertà. U verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere".

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