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“Bonus facciate” per interventi mai realizzati: sequestrati 52 milioni di euro dalla Guardia di Finanza

Indagati trentuno soggetti per indebita percezione di erogazioni pubbliche, truffa a danno dello Stato, riciclaggio e autoriciclaggio. Trentasette sono invece le società coinvolte, tra prime e seconde cessionarie del credito.
A cura di Matteo Pelliccia
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I Militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Roma, hanno disposto  il sequestro preventivo di oltre 52 milioni di euro di crediti d’imposta. L'operazione mira a sventrare una frode nell’ambito del cosiddetto “bonus facciate”.

I soggetti indagati

Le indagini sono state condotte dalla Procura della Repubblica di Locri inizialmente, per poi passare nella competenza della Procura di Roma a seguito di trasmissione degli atti per competenza territoriale. Il provvedimento di sequestro, già emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri, è stato convalidato dal GIP del Tribunale di Roma. Sono indagati trentuno soggetti per indebita percezione di erogazioni pubbliche, truffa a danno dello Stato, riciclaggio e autoriciclaggio. Trentasette sono invece le società finora coinvolte, tra prime e seconde cessionarie del credito.

La denuncia

Secondo la Guardia di Finanza, lo scopo dell'operazione era quello di monetizzare parte dei crediti ricevuti presso sportelli di intermediari finanziari dislocati sul territorio nazionale. L’operazione è nata grazie alla denuncia presentata da parte di alcuni proprietari di appartamenti di un condominio della provincia di Reggio Calabria, che avevano notato, all’interno dei propri cassetti fiscali, la presenza di crediti di imposta, connessi ad agevolazioni finalizzate a interventi di recupero edilizio, da loro mai richiesti né tantomeno realizzati.

La cessione di crediti inesistenti

I crediti sono risultati ceduti a quattro imprese con sede a Roma ed a San Cesareo, vicino la Capitale. Le quattro imprese “prime cessionarie”, tutte amministrate dallo stesso soggetto attualmente indagato, hanno accettato cessioni di crediti inesistenti per un ammontare di 52 milioni di euro, da parte di 160 cedenti ignari. Esse hanno monetizzato parte del credito cedendo la restante parte ad altre trentatré società “seconde cessionarie”, con sedi stavolta ricadenti su tutto il territorio nazionale, che hanno proceduto a loro volta a monetizzare parte dei crediti.

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