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Il caso Cospito

Bomba carta davanti al Consolato italiano a New York: “Alfredo Cospito vive”

Un gruppo di 7 persone ha fatto esplodere una bomba carta nei pressi della sede del Consolato italiano a New York in favore dell’anarchico Alfredo Cospito. Esposti anche alcuni striscioni in suo nome.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Una bomba carta è stata fatta esplodere nel pomeriggio di ieri, lunedì 14 marzo, davanti al Consolato italiano a New York.

Secondo quanto reso noto da Adnkronos, l'esplosivo è stato innescato da un gruppo anarchico che ha inscenato un'azione di protesta per Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis in sciopero della fame da oltre 4 mesi contro il carcere duro. 

Il gruppo, formato da  almeno 7 persone a volto coperto, avrebbe acceso anche alcuni fumogeni, attaccando sull'impalcatura di un palazzo poco distante dalla sede del Consolato uno striscione in favore del detenuto anarchico con su disegnato il tricolore italiano in fiamme e la scritta "NYC to Milano, vive Alfredo Cospito".

Nelle vicinanze dell'edificio interessato dall'esplosione sono state scoperti altri  slogan a favore di Cospito e dell'anarchia. Secondo fonti della Farnesina, lo scoppio del petardo non ha provocato danni a persone o cose.

Nel frattempo, le condizioni di Cospito secondo i medici continuano a peggiorare nel tempo. Il detenuto continua a perdere peso: attualmente sarebbe a 67,9 kg. "Ha un atteggiamento determinato nell'andare avanti" ha fatto sapere il medico che lo tiene in cura. "Non sono un martire ma lotto" ha affermato l'uomo in videoconferenza nella giornata di ieri con il Riesame di Perugia.

Il detenuto si è collegato con l'udienza del tribunale del riesame chiamato ad esaminare nuovamente la richiesta di annullamento delle misure cautelari che lo vogliono in carcere al 41 bis. Cospito sta continuando il suo sciopero della fame e ha scelto di non assumere integratori per sopperire anche solo parzialmente all'alimentazione. Il detenuto ha scelto di sostentarsi solo con acqua e zucchero per manifestare, secondo quanto scritto in un memoriale, contro "una violazione e repressione violenta della libertà".

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