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Benedizioni coppie gay, ex presidente Arcigay: “Già anni fa benedetta in chiesa l’unione col mio compagno”

“Si alle benedizioni – spiega Aurelio Mancuso – mentre non sono maturi i tempi per un matrimonio riconosciuto dal Vaticano: quello lo chiedo allo Stato laico.”
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La benedizione in chiesa dell'unione tra l'ex presidente Arcigay Mancuso ed il compagno
La benedizione in chiesa dell'unione tra l'ex presidente Arcigay Mancuso ed il compagno

Aurelio Mancuso, già presidente di Arcigay ed esponente di primo piano dei Democratici di Sinistra, da cattolico aveva già fatto benedire alcuni anni fa la propria unione con il compagno, Massimiliano, da un sacerdote in chiesa. Questo è avvenuto ben prima, dunque, della promulgazione della Fiducia supplicans, documento della Congregazione della Dottrina della Fede voluto fortemente da papa Francesco per rendere possibili le benedizioni a coppie dello stesso. Fanpage.it lo ha intervistato.

Mancuso, lei è omosessuale e cattolico. Come vive questa sua doppia condizione?

La presenza di persone omosessuali nella Chiesa è assodata da tempo. Ci sono tanti gay credenti che, negli anni, si sono messi “di lato”, altri che, seppur critici per le posizioni della Chiesa, compiono un cammino all’interno di essa. Io sono tra questi.

L’ha sorpresa la decisione del Vaticano di consentire la benedizione di coppie dello stesso sesso?

In parte sì, ma in realtà la benedizione degli anelli per i gay è una pratica di cui ci sono testimonianze fin dal Medioevo, anche se in modo semiclandestino. Questo perché i pregiudizi verso i gay sono storicamente sia nella Chiesa che nella popolazione. Dopo il Concilio Vaticano II qualcosa è cambiato: le chiese francesi, tedesche e del Nord Europa, dove esistono comunità ben organizzate di omosessuali cattolici, hanno spinto perché fosse accettata questa antica tradizione e questo ha portato alla decisione degli ultimi giorni. In Italia questa tradizione in realtà non è diffusa, ma oltre il mio caso ne conosco altri: ad esempio, quello di un’avvocata della Sacra Rota, che ha fatto benedire l’unione con la compagna.

Lei non ha mai detto chi ha benedetto la sua unione, però. Come mai?

Ho trovato un sacerdote aperto su questi temi, un gesuita influente in Vaticano. Per delicatezza non ho mai voluto svelarne il nome e il volto. Gli parlerò e gli chiederò se, ora che è cambiato il clima, gradisce che si renda pubblico quanto ha fatto. È una persona consacrata che non solo ci disse di sì, ma lo fece con entusiasmo. Diciamocelo: ormai i tempi erano maturi perché il Vaticano consentisse queste benedizioni e se il nostro esempio può servire ad altri, ben venga.

Secondo lei perché il Papa ha approvato questa novità a sinodo ancora in corso e non ha aspettato che terminasse la discussione sul tema tra prelati di tutto il mondo?

Il sinodo discute anche delle nuove unioni di separati e divorziati, dell’ordinazione di preti sposati e del diaconato femminili. Credo che il Papa abbia valutato che la benedizione delle coppie di persone dello stesso sesso fosse un argomento per cui non c’era necessità di discussione, visto che ormai queste benedizioni sono un fatto acclarato.

È stupito del fatto che, in queste ore, in varie parti del mondo, ci sono intere conferenze episcopali che contraddicono il Papa e rifiutano di celebrare queste benedizioni?

Si sapeva che in tanti si sarebbero messi contro. Secondo me è giusto che si parta dove si può, che si dia testimonianza. Chi ha bisogno di più tempo per adeguarsi arriverà dopo. L’importante è avviare un cammino non imporre norme. La Chiesa è cattolica e universale, deve necessariamente confrontarsi con culture differenti.

Lei crede che questo sia un primo passo verso il matrimonio egualitario anche nella Chiesa cattolica, così come avviene in altre confessioni cristiane?

Io sono sempre stato netto sul tema: la Chiesa riconosce il matrimonio solo tra uomo e donna, le nostre unioni sono altra cosa. La benedizione tiene conto che la mia è una presenza differente da quella di uomini e donne sposate, ma non minore: io ho fatto un percorso diverso da loro, ho una sensibilità diversa. Alla Chiesa io chiedo solo che mi accolga e non mi discrimini e, in questo momento, il via libera alle benedizioni è una risposta corretta. Attenzione però: in questo momento storico io il matrimonio egualitario, che spero prima o poi arrivi anche nella Chiesa, non lo chiedo al Vaticano, ma lo chiedo allo Stato laico, che ha il dovere di garantire a me gli stessi diritti che hanno tutti gli altri cittadini.

Tuttavia, il Catechismo della Chiesa cattolica non è cambiato e riporta sempre che i rapporti tra persone dello stesso sesso sono “intrinsecamente disordinati”. Lei come si rapporta a questa definizione?

È vero, il Papa ha cambiato la pastorale e dato una svolta alla tradizione, ma non ha cambiato la dottrina. Questa definizione deve cambiare, perché è una posizione che offende la scienza. Spero molto in Francesco che, a differenza dei suoi predecessori, capisce i segni dei tempi.

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