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Bambini rapiti durante la dittatura di Pinochet: 55 furono venduti in Italia

Che fine hanno fatto i “figli del silenzio”? Secondo nuovi dati inediti forniti dalla polizia civile, 55 furono venduti in Italia, probabilmente in Sardegna.
A cura di Giusy Dente
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hijosymadresdelsilencio.cl
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Che ne è stato dei 20 mila bambini scomparsi in Cile, durante la dittatura di Augusto Pinochet? Li chiamano hijos del silencio (figli del silenzio): di loro si è persa ogni traccia, si sono come volatilizzati nell'arco di tempo compreso tra il 1973 e il 1990, l'anno in cui anno in cui in Cile tornò la democrazia. Le loro famiglie di origine (quasi tutte all'epoca molto povere) non hanno mai più saputo nulla di loro, ma di certo non hanno mai smesso di cercarli. Ora nuove informazioni arrivano dai dati inediti forniti dalla polizia civile, diffusi al quarto congresso della Fondazione madri e figli del silenzio.

Si sa che molti di quei bimbi, una volta sottratti alle famiglie, furono dati illegalmente in adozione o addirittura venduti. Ebbene, 55 di loro furono portati proprio in Italia. Si parla di bambini nati nel 1990, condotti prima in un orfanotrofio e poi, a quanto pare, in Sardegna. Nello specifico, il registro della polizia parla anche di: 178 bambini inviati in Svezia, 119 distribuiti in Cile, 90 negli USA, 30 in Francia. Ovviamente il totale è molto inferiore ai bambini realmente scomparsi, questi sono solo i numeri di cui si ha certezza, ma la stima si aggira attorno ai 20 mila.

Grazie alla collaborazione della Fondazione con l'agenzia Che il Chile, esistono oggi immagini create da zero con l'ausilio dell'intelligenza artificiale e della genetica digitale, che restituiscono i possibili volti che potrebbero avere oggi quei bebè, diventati ormai adulti. Questo lavoro è fondamentale per la ricerca, che in alcuni casi è resa difficoltosa proprio per via dell'assenza di foto del passato: i bebé venivano sottratti già in sala parto. La presidente della Fondazione, Marisol Rodríguez, ha vissuto sulla propria pelle questo trauma.

All'ANSA ha raccontato di aver partorito due gemelli nel 1990 presso l'ospedale Paula Jaraquemada di Santiago. L'ostetrica le disse che erano nati in salute e che li avrebbe visti il giorno dopo: invece questo non è accaduto. Dopo essersi allontanata per andare in bagno, i bebè non c'erano più: le dissero che erano morti. Ma nessuno le ha mai né mostrato né restituito le salme. "Negli anni e grazie a Internet feci denuncia per il furto dei corpi dei miei bambini, e fu lì che capii che eravamo in tanti" ha raccontato.

Da allora si batte per le vittime, tutte, non solo i suoi gemelli. Da un membro della Fondazione ha saputo che i suoi maschietti sarebbero stati portati in Sardegna. Purtroppo le ricerche procedono a rilento. Nel 2019, la Camera dei Deputati cilena aveva creato una commissione speciale di ricerca, ma la pandemia ha fatto sì che il progetto venisse chiuso. Pra la Fondazione si sta battendo per riattivarlo e ridare così speranze a quelle famiglie cilene che ancora sperano di conoscere la sorte dei loro figli, inghiottiti nel silenzio.

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