Aurora Maniscalco morta a Vienna, eseguita autopsia: “Assenti segni di violenza, lesioni dovute alla caduta”

È stata eseguita l'autopsia sulla hostess palermitana Aurora Maniscalco, deceduta a Vienna dopo essere caduta dal terzo piano del palazzo dove viveva con il fidanzato nella notte tra il 21 e il 22 giugno. Dall'esame non sarebbero emerse altre lesioni rispetto a quelle legate alla caduta: nessun segno di violenza, quindi, secondo l'esame svolto a Palermo.
Per formulare un'ipotesi più complessa bisognerà attendere anche gli esiti degli accertamenti disposti sui tessuti. Per la morte della giovane hostess è indagato, come atto dovuto, il fidanzato Elio Bargione, anche lui palermitano. L'indagine è per istigazione al suicidio.
L'avvocato della famiglia della hostess, il legale Alberto Raffaedale, aveva chiesto di eseguire gli esami irripetibili sul corpo della ragazza, tra i quali l'autopsia. La magistratura viennese aveva respinto la richiesta, chiudendo il caso come suicidio e concordando con quanto raccontato da Bargione.
La famiglia della giovane ha sempre respinto l'ipotesi del gesto volontario e ha consegnato alla polizia il cellulare di Aurora, mai sequestrato dalla polizia austriaca. Lo smartphone, secondo i genitori, potrebbe contenere dettagli importanti: ritengono infatti che attraverso il cellulare siano stati manomessi i profili social della hostess.
Il papà della vittima aveva infatti sottolineato che il telefonino di Maniscalco era stato nelle mani dell'unico indagato, seppure per un atto dovuto, per ore dopo la tragedia. "Non aveva consegnato il dispositivo per paura – ha ricordato -. Mi ha chiamato dal telefono di mia figlia per dirmi questo. Io ho saputo che si erano lasciati un paio di mesi fa, che lei era tornata a Palermo per stare con la madre. Anche la sorella le aveva consigliato di lasciar perdere, poi però era tornata a Vienna".
Al momento della caduta da 14 metri di altezza, Maniscalco si trovava insieme al compagno che ha sempre parlato di un suicidio o di un incidente.