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Aumentano i contagi e muoiono le piccole e medie imprese: due su dieci a rischio chiusura

La ripresa dei contagi mette a rischio le piccole e medie imprese: circa il 20% rischia di interrompere la propria attività. Tra le criticità che preoccupano c’è la prevenzione, la riduzione dei lavoratori e lo smart working che non riesce a decollare nelle realtà più piccole nonostante l’esperienza del lockdown.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Anche se non è stato decretato un vero e proprio lockdown, l'escalation dei contagi rischia di provocare un'ecatombe tra le piccole e medie imprese. Lo decreta un'indagine svolta presso un campione di circa 5.000 Consulenti del Lavoro tra il 22 settembre e il 19 ottobre: il 31,8% individua tra il 10 e il 20% la quota di imprese che potrebbero subire uno stop della propria attività a seguito di un nuovo picco pandemico. Un altro 48,4% dei Consulenti del Lavoro pensa che le imprese che chiuderanno saranno circa il 20 o 30%. Solo il 19,8% attesta un crollo sotto la soglia del 10%.

La situazione sembra molto differenziata a livello geografico. Se al Nord la maggioranza degli intervistati reputa che la quota di aziende che abbasserebbero le saracinesche non supererebbe il 20%, al Centro e al Sud in particolar modo la situazione sembra molto più critica: la maggioranza degli intervistati prevede un rischio di chiusura per più del 20% delle aziende. Sono circa 1 milione i posti di lavoro alle dipendenze che le piccole e medie imprese potrebbero perdere tra 2020 e 2021: un bilancio pesantissimo per 1,5 milioni di aziende con meno di 250 addetti i cui organici potrebbero contrarsi almeno del 10%. Il possibile bilancio occupazionale a fine anno potrebbe essere drammatico, in particolare per alberghi e ristorazione, dove più della metà dei dipendenti (51,6%) prevede una riduzione degli organici maggiore del 15%. Anche per le aziende che operano nel campo del tempo libero e della cultura le previsioni sono terribili: il 27,2% dei Consulenti si aspetta una riduzione della base occupazionale tra 10 e 15%. Il 30% di loro ne aspetta una superiore al 15%.

Le criticità: prevenzione e lavoro da casa

L'esclusione di un nuovo lockdown nazionale non placa dunque la paura di dover tornare a gestire una situazione di emergenza. Al primo posto delle criticità c'è la ripresa del ricordo alla cassa integrazione. Subito dopo c'è l'abbassamento della produttività che decreterebbe la fine di tante piccole e medie attività. In particolare soffre il Sud, dove molte aziende non sono sufficientemente attrezzate nella prevenzione.

Dall'altra parte, lo smart working non decolla: tra le piccole imprese, infatti, il lavoro da casa resta un'utopia. Molte grandi aziende hanno consolidato l'esperienza del lockdown, mentre quelle più piccole non sono riuscite a fare del nuovo modello una regola e si è tornati al lavoro "tradizionale". A fine settembre, 8 dipendenti su 10 sono tornati in sede mentre solo una minoranza ha proseguito in remoto. Le imprese faranno di tutto per tenere i lavoratori in sede, anche se i dati sull'emergenza sanitaria sono in netto peggioramento.

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