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Omicidio di Noemi Durini a Lecce

Assassinò la fidanzata 16enne: Lucio Marzo chiede di lavorare fuori dal carcere

Dopo soli tre anni di detenzione, Lucio Marzo, il giovane assassino della fidanzata Noemi Durini, chiede di lavorare fuori dal carcere. Per la Legge ne ha diritto, in quanto condannato per il delitto, che ha confessato, quando era minore di 18 anni. La polemica: “Non ha mai compreso la gravità di quanto ha fatto, si rischia la devittimizzazione della povera Noemi”.
A cura di Angela Marino
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Lucio Marzo, l'assassino reo confesso dalla fidanzata minorenne, Noemi Durini, sepolta viva a Castrignano 3 anni fa, chiede di lavorare fuori dal carcere. Già da tempo, il 20enne Marzo, entrato in carcere quando era ancora minorenne, lavora nel penitenziario Quartucciu (in Sardegna) dove è ristretto da oltre tre anni. Ora, però, vuole potere lavorare anche fuori. E ne ha facoltà.

Il sistema giuridico nei confronti dei minori è molto più morbido e consente di avere accesso a sconti di pena e permessi molto più rapidamente. Saranno comunque i magistrati competenti a valutare la richiesta del suo avvocato, Luigi Rella, a partire dalle relazioni dei responsabili del carcere minorile sul comportamento degli ultimi anni. Marzo, arrestato pochi giorni dopo i fatti, è stato condannato in via definitiva a 18 anni e 8 mesi con una sentenza definitiva.

Il parere della criminologa

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"Il nostro sistema prevede misure riabilitative e visto che abbiamo una Costituzione, fino a prova contraria, dobbiamo rispettarla. – spiega a Fanpage la criminologa leccese Isabel Martina – Questo modello di apertura del carcere ha uno scopo ben preciso e indispensabile. Non solo quello di consentire di mantenere i rapporti con la famiglia, di consentire di pensare a un'occupazione per quando si esce, ma serve anche per eliminare l'isolamento e preparare il detenuto a fare i conti con la realtà che gli spetta una volta uscito. Ci sono detenuti che, non usufruendo per diversi motivi di nessun beneficio, quando terminano di scontare la pena ed escono, non sanno nemmeno più come si prende un autobus perché per anni sono rimasti fuori da tutto. Però ci sono casi e casi".

"Si rischia la devittimizzazione"

"Lucio Marzo non ha mai ben compreso la gravità di quanto ha fatto – continua la criminologa – ricevendo la solidarietà dalla famiglia, una sorta di giustificazione morale, ma anche etica studiata ad hoc nel tentativo di devittimizzazione della Durini, la fidanzatina che ha ucciso non solo con un fendente, ma lasciandola letteralmente soffocare in una sorta di tomba improvvisata e costruita con i sassi di un muretto a secco della campagna nella quale si è consumato il delitto. A volte bisogna solo ricordare come è morta una persona per capire che questo tipo di permessi anche se previsti in alcune fattispecie, non sono contemplabili, quantomeno per un senso di giustizia e di doverosa memoria nei confronti di determinate vittime".

Il delitto di Specchia

I fatti per cui Lucio Marzo è stato condannato risalgono al settembre del 2017, quando la fidanzata 17enne Noemi Durini, fu vista per l'ultima volta in sua compagnia nella Fiat 500 di famiglia. Da quel momento di Noemi si persero le tracce, dando così il via a una massiccia ricerca e a una mobilitazione social fatta di appelli e richieste di aiuto. Dopo alcuni giorni, messo sotto pressione dai magistrati, Lucio Marzo confessò di aver assassinato la fidanzata e ne fece ritrovare il corpo a Castrignano del Capo (Lecce). Movente del delitto la conflittualità con la ragazza, alimentata soprattutto in seno alla sua famiglia Marzo, dove Noemi era ritenuta una presenza negativa con una cattiva influenza su Lucio. Dopo la confessione di Marzo, che si giustificò dicendo di aver ucciso la ragazza perché avrebbe voluto fare del male ai suoi genitori, i coniugi Marzo urlarono alla stampa: "Siamo orgogliosi di lui".

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