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Aragoste e granchi vivi con chele legate, Cassazione conferma condanna di un ristoratore

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai legali di un ristoratore della provincia di Firenze condannato per maltrattamento di animali. Era finito a processo perché conservava astici, aragoste e granchi vivi sul ghiaccio, dentro ai frigoriferi, con le chele legate.
A cura di Susanna Picone
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La  corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un ristoratore di Campi Bisenzio, nella provincia di Firenze, che era stato condannato per aver detenuto aragoste e granchi vivi sul ghiaccio con le chele legate confermando quindi la sentenza emessa dal tribunale di Firenze. È quanto ha fatto sapere con un comunicato la Lega anti vivisezione (Lav) tornando su una vicenda nata da un esposto dell’associazione animalista sulle condizioni con cui erano tenuti alcuni crostacei nel ristorante. La polizia municipale aveva poi verificato che in due frigoriferi c'erano aragoste e granchi vivi con le chele legate, esposti a temperature tra 1,1 e 4,8 gradi. Il ristoratore era stato quindi condannato per maltrattamento di animali nell'aprile 2014 dal tribunale di Firenze e la sentenza di condanna è stata ora confermata dalla corte di Cassazione.

Crostacei in grado di provare dolore e di averne memoria – “La condanna a carico del titolare del ristorante confermata dalla corte di Cassazione – è il commento della Lav – si fonda ormai su dati scientifici inconfutabili: i crostacei sono in grado di provare dolore e di averne memoria, modificando così il loro comportamento. Pertanto la detenzione di tali animali vivi a temperature prossime allo zero e con le chele legate configura un reato”. “La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un pronunciamento giudiziario che potrà produrre due effetti – così ancora la Lav – le Forze di Polizia dovranno intervenire in seguito alle denunce di cittadini e associazioni per le diffusissime analoghe situazioni in pescherie e supermercati, considerate finora normali, e il Parlamento dovrà emanare una norma di chiaro divieto poiché questo tipo di esposizione degli animali, al di là delle valutazioni etiche, ‘è incompatibile con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze’. Una riflessione che anche i consumatori, auspichiamo, facciano propria adottando scelte conseguenti”.

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