Amianto nei vagoni ferroviari, ditta piemontese deve risarcire i familiari di un’operaia

Dopo sei procedimenti giudiziari conclusi con un nulla di fatto, tra cui gli ultimi due che si erano conclusi con l’assoluzione dei titolari della fabbrica, per i familiari degli ex operai della fabbrica "Fratelli Magliola Antonio & Figli spa" di Santhià, in Piemonte, potrebbe aprirsi una nuova serie di richieste di risarcimento danni per esposizione all'amianto. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, nei giorni scorsi il Tribunale penale di Vercelli ha ritenuto che la morte della 54enne Maria Casulli, avvenuta nel 2010 dopo aver trascorso metà della propria esistenza nella ditta, è riconducibile al mesotelioma causato dall’esposizione certa e protratta all’amianto in fabbrica.
Secondo i giudici, la ditta, che negli anni ottanta si occupava di smontare, riparare e rimontare i vagoni dei treni, non avrebbe mai informato i suoi dipendenti della pericolosità del lavoro né avrebbe fornito i materiali adatti per difendersi da possibili inalazioni di polveri di amianto. La sentenza prevede sei mesi di carcere con sospensione condizionale della pena ai titolari dell'azienda per omicidio colposo a anche il diritto al risarcimento alle parti civili che si sono costituite nel processo, vale a dire le sorelle della donna. Una decisione che ora potrebbe riaprire alle richieste di risarcimenti anche da parte dei parenti di altri undici lavoratori della ditta morti di mesotelioma.