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Andria, Raffaele, sopravvissuto alla strage: “Ci hanno lasciati soli, nessuna promessa mantenuta”

Raffaele Di Ciommo, 22 anni, cantante, è uno dei sopravvissuti al disastro ferroviario sulla Bari-Barletta del 12 luglio 2016. Il suo corpo ha subito delle gravi lesioni, ma le ferite più profonde sono quelle interiori: “Siamo stati lasciati in preda alle nostre paure – dice a Fanpage.it – nessuna delle promesse che ci furono fatte all’epoca dalle istituzioni è stata mantenuta”.
A cura di Angela Marino
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Raffaele di Ciommo, 22 anni
Raffaele di Ciommo, 22 anni

Quel maledetto 12 luglio ha cambiato per sempre la tua vita, com'è iniziato quel giorno?

Sono salito sul treno da Corato diretto verso Barletta. La notte prima avevo scritto due brani e stavo andando a registrarli alla casa discografica ad Andria. Era un martedì qualunque, con un caldo infernale.

Avvertisti qualcosa prima dello schianto?

No, no. Avevo le cuffiette nelle orecchie ed assorto nella musica. Toglievo le cuffie ogni volta che sentivo il treno frenare. A un certo punto faccio quello stesso gesto, tolgo le cuffiette e le rimetto: qualche millesimo di secondo dopo è successo.

Cosa ricordi?

Non è una cosa raccontabile, ricordo di aver visto la mia gamba attorcigliata a quella del tavolino, i vetri rotti, le persone sbalzate fuori. Sono uscito a uscire dal vagone attraverso il finestrino e mi sono accasciato a terra, sotto quel caldo infernale, in quella giornata infernale.

La tragedia ha attirato ad Andria politici e figure istituzionali

Venivano tutti a trovarci in ospedale, tutti ci promettevano degli aiuti di tutti i tipi, ci dissero che avremmo avuto delle corsie preferenziali per curarci, senza aspettare i lunghi tempi di attesa.

È stato così?

Non c’è stata alcuna corsia preferenziale. Ci sono venuti in aiuto solo i medici, io in particolare devo molto al dottor Poziotta, che mi ha aiutato e mi ha istradato verso il percorso di cure che avrei poi intrapreso.

Come è cambiata la tua condizione fisica?

Non riesco a muovere normalmente la mia gamba destra.

Quali sono i limiti nella quotidianità?

Non posso correre, non posso scappare, non posso più giocare a pallone – non ero mica un grande giocatore eh- non posso fare una passeggiata e mi stanco molto facilmente. Ma la cosa che è cambiata più di tutte è la vita.

In che modo è cambiata?

L'emotività è cresciuta tanto, anche l'ansia. Il mio lavoro è cambiato. Io canto e a chi ascolta bisogna sempre dare una carica, ma quando ti manca il carisma delle cose che ti sono successe e tu sei il primo a spegnerti, automaticamente si spegne anche chi ti segue, la mia musica è cambiata tanto.

E poi ci sono le vittime, quelle che dal treno non sono più scese.

Sì. Ventitré vite, ventitré obiettivi di vita distrutti. Qualcuno doveva sposarsi, qualcuno doveva lavorare, qualcuno doveva cantare, ognuno è salito su quel treno per un obiettivo che è stato spezzato.

A un anno di distanza, vi sentite abbandonati?

Siamo stati lasciati in balia nelle nostre paure, dei nostri pensieri. Non c’è stato nessuno che si sia interessato di o proposto di agevolarci. Posso dirlo a nome di tutti i sopravvissuti: siamo stati lasciati tutti soli, abbiamo vissuto un inferno per superare quanto è successo e non ci siamo ancora ripresi.

Avete ricevuto un sostegno economico per affrontare le cure?

Abbiamo ricevuto una cifra ‘simbolica’ che abbiamo accettato perché non ci possiamo permettere di rifiutare aiuti nelle nostre condizioni.

Chi vi è stato d'aiuto, invece?

Quel giorno tutti hanno fatto tutto per aiutarci e l’hanno fatto con sensibilità e garbo: chiunque avesse un’auto ha caricato un ferito e l’ha trasportato in ospedale. I soccorritori (volontari, medici e forze dell’ordine) sono i veri protagonisti di questa storia, i veri eroi.

Le indagini sono state chiuse, la verità, sulle cause di quel disastro sta per venire a galla.

Ho fede nella Procura di Trani. Le indagini sono state chiuse dopo appena un anno, in tempi veloci. I magistrati si sono messi al lavoro per noi, vogliono aiutarci e vogliono farlo per la comunità, perché non accada mai più.

Cosa sogni ora?

Che un giorno venga scritto sulla prima pagina di un giornale: “Mai più un'altra tragedia ferroviaria, la Procura di Trani ce l’ha fatta”.

Hai preso un treno da allora?

Non ci sono riuscito, ma se dovessi farlo, se qualcuno mi costringesse, di una cosa sono certo: mi siederei nell'ultima carrozza.

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