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Andria, il più tragico incidente ferroviario che la Puglia abbia mai visto

Il 12 luglio 2016, alle 11 del mattino, il treno proveniente da Corato e quello in arrivo da Andria si sono scontrati alla velocità di cento chilometri orari sui binari di Andria, in Puglia. Ventitré persone sono morte, cinquanta sono rimaste ferite nel peggior disastro ferroviario della storia della Puglia.
A cura di Angela Marino
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Dal 1965 la ferrovia Bari Barletta collega il capoluogo pugliese con i centri a nord della regione. In 52 anni non ci sono stati incidenti di rilievo, problemi sulla tratta, grane di qualsiasi tipo. Tutto, sulla linea curata da Ferrotranviaria S.p.a. è scorso con facilità e sicurezza. Dal 2008, con i fondi messi a disposizione dall’Unione europea, la Bari-Barletta avrebbe dovuto vedere l’ampliamento dell'intera linea con la realizzazione del doppio binario, che però è stato costruito solo tra Bari e Ruvo, mentre tra Ruvo e Barletta rimane il binario unico. Lungaggini burocratiche dovute alla comunicazione con Bruxelles, secondo le autorità regionali e nazionali; problemi con l'esproprio dei fondi su cui andavano effettuati i lavori, secondo fonti della Ue.

L'Italia dei lavori ventennali nelle infrastrutture può ben aspettare l'ammodernamento di una linea ferroviaria regionale che serve 700mila passeggeri. In un tratto a binario unico come quello che corre parallelo alla costa pugliese, il traffico ferroviario è regolato da quello che si chiama'consenso telefonico'. Il personale delle stazioni ferroviarie sulla tratta, in poche parole, è responsabile di avvertire della partenza dei convogli, in modo che sullo stesso binario non si sovrappongano due treni. Un sistema obsoleto, certo, ma ancora in uso in Italia e in Europa.

La mattina di martedì 12 luglio 2016, due treni della Ferrotranviaria partono, il primo, da Corato e il secondo da Andria. Alle 11 il capostazione Vito Piccarreta dà il via libera al treno fermo ad Andria e diretto a Corato. Al capolinea di Corato, a sua volta, il capostazione, Alessio Porcelli dà l'ok al transito del convoglio diretto a Barletta.

A bordo ci sono centinaia di pendolari stanchi e irritati dal caldo, in quella mattina di ordinario stress del trasporto regionale. Seduti in attesa di arrivare a destinazione ci sono Patty, estetista che ogni giorno lasciava la sua bimba a casa per andare a lavoro; Enrico, dirigente bancario tornato in paese il giorno prima per per festeggiare l’onomastico in famiglia; Jolanda, che programmava il matrimonio per il settembre successivo; Donata, che viaggiava con il nipotino di sette anni; Antonio, 15 anni, che tornava a Ruvo a godersi le vacanze dopo gli esami di recupero, la laureanda Valentina e Raffaele, 22 anni e Raffaele, diretto alla casa discografica di Andria per incidere due canzoni scritte la notte prima.

Sono tutti distratti, tutti immersi nel loro micromondo affollato di pannolini da cambiare, auto da far riparare, partecipazioni da spedire, genitori esigenti e ansiosi, canzoni da scrivere. Nelle otto carrozze dei due treni in corsa sulla Bari-Barletta la vita dei passeggeri scorre più veloce dei 100 chilometri orari a cui sfrecciano i convogli, finché tutti vengono sorpresi dallo strano tremolio delle carrozze. Non hanno neanche il tempo di domandarsi cosa stia succedendo quando sentono un boato fragoroso, poi una asfissiante puzza di gas. Vengono tutti sbalzati dai loro posti sui tavolini, fuori dai finestrini, sui sedili. Valentina riesce a chiamare il fidanzato con il cellulare, mentre ansima disperata davanti al corpo decapitato di un passeggero. Raffaele si trascina fuori dal finestrino atterrando sull'erba dei campi, Donata stringe il nipotino in un abbraccio fortissimo. Lui respira forte per il terrore, lei non respira più.

Sui corpi straziati di Antonio, Jolanda e Patty sembra sia esplosa una bomba. Lo spettro di un simile orrore, infatti, ricorda gli attentati di Gioia Tauro o dell'Italicus, ma questa volta non è stato la mano nera dei terroristi a colpire. Su Facebook le foto del disastro ferroviario corrono di bacheca in bacheca, si diffonde la notizia dello scontro tra due treni in Puglia. Tra la stazione di Andria e quella di Corato, nelle campagne arse dal sole al km 51 della ferrovia Bari-Barletta accorrono vigili del fuoco, forze dell’ordine, ambulanze e volontari della Protezione civile. Le ricerche per estrarre le persone dalle rovine dei treni sono febbrili. Nel territorio circostante i paramedici soccorrono persone ferite con lo sguardo perso, mentre decine di auto civili trasportano feriti in ospedale. Tutti fanno la loro parte: medici, pompieri, volontari, abitanti del posto. L'agro tra la stazione di Andria e la stazione di Corato è diventato uno scenario di guerra.

Anche la Tv dà la notizia del ‘più grave incidente ferroviario mai avvenuto in Puglia'. Il presidente della regione, Michele Emiliano si precipita in ospedale dalle vittime. Mentre si contano i morti (ventitré) e i feriti (più di cinquanta), il ministro delle infrastrutture e dei trasporti del governo Renzi, Graziano Del Rio, stigmatizza quanti cominciano a parlare di ‘colpe': "Non è il momento di scaricare le responsabilità sugli uni o sugli altri – dichiara – è il momento di stringerci insieme".

Il 16 luglio, sotto una pioggia battente, genitori inebetiti, figli increduli e mariti e mogli svuotati dal dolore seguono le bare di tredici delle ventitré vittime nel Palazzetto dello sport di Andria. Presenti ai funerali pubblici ci sono il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e la presidente della Camera, Laura Boldrini. Intanto il Governo istituisce una commissione di inchiesta per quella che – proprio come negli Anni di piombo – viene chiamata ‘Strage di Andria'. La Procura di Trani, competente territorialmente, apre un fascicolo per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. Il punto chiave dell'indagine è capire perché i capistazione abbiano dato il via libera ai treni permettendo la sovrapposizione fatale sul binario unico.

Sentito dai pm, Vito Piccarreta, capostazione di Andria, dichiara di aver abbassato la paletta del via per ‘automatismo'. I due treni, è l'interrogativo che molti giornali pongono, non potevano essere fermati? Non esiste, scrivono nelle colonne di cronaca, un sistema di allarme che, ove si verificasse il simultaneo passaggio di due treni, ne blocchi la corsa?

È solo l'errore umano la causa di tale tragedia o l'obsolescenza dell'infrastruttura costituisce una concausa del disastro? Poi c'è un altro particolare inquietante, la manomissione del registro con gli orari. Un’annotazione a penna con correzione ‘sospetta' ha cambiato l’orario di transito di uno dei due convogli. Il capostazione di Andria nega di essere stato lui ad alterare l'orario del transito (e dunque del disastro) da 11 e 06 in 11 e 40.

Dopo 12 mesi, senza aver avuto alcun sostegno economico per le costose terapie mediche sostenute (eccetto non una cifra ‘simbolica'), i sopravvissuti e i parenti delle vittime si sono costituiti nella ‘Associazione Strage Treni in Puglia 12 Luglio 2016'. A un anno di distanza dai fatti, molti di loto denunciano di aver ricevuto sostegno solo dalla propria famiglia e dalle associazioni. "I politici ‘importanti' mi avevano detto ‘non ti lasceremo mai sola'" dice Valentina "eppure uscita dall'ospedale non ho ricevuto neanche una telefonata".  Con il corpo invecchiato dalle menomazioni subite, la mente in preda all'angoscia della morte che dal 12 luglio non li ha mai lasciati e il senso di colpa di chi sopravvive ai morti, le vittime di Andria attendono la verità.

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