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Alfie, il padre vuole portarlo a casa: “Mio figlio in ostaggio, chiedo al Papa di venire qui”

Secondo papà Tom, il bambino affetto da una rara malattia continua a respirare nel terzo giorno di distacco dalla ventilazione assistita permanente “senza che le sue condizioni siano peggiorate”. Ai microfoni di Tv2000: “Il Papa venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. È ingiusto quello che stiamo subendo. Grazie Italia”.
A cura di Biagio Chiariello
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“Chiedo al Papa di venire qui per rendersi conto di cosa sta accadendo. Venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. È ingiusto quello che stiamo subendo. Grazie Italia. Vi amiamo”, è quanto ha detto oggi il papà di Alfie, Tom Evans, ai microfoni di Tv2000 sottolineando che suo figlio, ricoverato all’Alder Hey Hospital di Liverpool per una grave malattia  neurodegenerativa, “è una parte della famiglia italiana, è una parte dell'Italia. Noi apparteniamo all'Italia”. “Vi ringraziamo – ha aggiunto il papà del bimbo di 23 mesi – per la solidarietà e il supporto ricevuti in questi giorni. Grazie. Vi amiamo. Noi non ci arrendiamo, andiamo avanti. Abbiamo conosciuto persone straordinarie. Il Papa è vicino a noi”. “Noi continueremo a lottare – ha detto ancora il papà di Alfie – ricevendo sempre più forza dal popolo italiano. Dal governo, dai ministri che si sono impegnati per noi. Non vi ringrazieremo mai abbastanza”.

I genitori di Alfie Evans vogliono riportare a casa il proprio bimbo. In programma oggi l'incontro con i medici responsabili dell'Alder Hey Children's Hospital per discuterne, dopo l'ultimo ‘no' di ieri della Corte d'Appello di Londra al trasferimento in Italia. Tom ha detto che il figlioletto continua a respirare nel terzo giorno di distacco dalla ventilazione assistita permanente, "senza che le sue condizioni siano peggiorate". Il signor Evans fa appello ai medici affinché “questo incontro sia positivo e che Alfie possa tornare a casa… entro un giorno o due. Se poi l'incontro non andrà bene, torneremo in tribunale”. Dopo aver minacciato di far causa per omicidio ai medici del nosocomio di Liverpool, Tom vuole capire bene se in questo momento “sia la cosa giusta” tentare altri ricorsi, e non invece un modo per tirarsi dietro "altre critiche" da parte dei giudici. E concludendo di aver deciso a questo punto, con la moglie Kate, di "avere un incontro con i dottori dell'Alder Hey: noi ora cominciamo a chiedere di portarlo a casa".

Alfie non ha più bisogno di essere in terapia intensiva, assicura il papà, e, nel terzo giorno di distacco dalla ventilazione assistita permanente, continua a respirare “senza deterioramento” delle sue condizioni. "Sta ancora lottando", appare "tranquillo" e "contento", con il battito cardiaco stabile, dice Tom Evans. Anche se stamane appare “un po' debole” e non si è svegliato, ha concluso. E più specificatamente: "Alfie non ha più bisogno di terapie intensive, ormai. Ora steso nel lettino con un litro di ossigeno che gli entra nei polmoni (dalle bombole portatili) e per il resto respira da sé. Alcuni dicono che sia un miracolo, ma non è un miracolo, è stata una diagnosi sbagliata". "Io – ha concluso Tom – resto seduto accanto al letto di Alfie ogni secondo di ogni giorno. Non soffre e non prova dolore e questo mi incoraggia sempre di più: spero che possa vivere per un numero X di mesi, magari di anni".

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