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Stupro Firenze, la confessione del secondo carabiniere: “Lei insisteva, ho ceduto”

Ascoltato per un’ora in procura, anche il militare più giovane dei due accusati di violenza sessuale da due studentesse americane ha in parte ammesso le accuse. Per quanto abbia sottolineato che sarebbero state “le ragazze a invitarli a salire in casa”. Ma i pm evidenziano come sono state tante le violazioni commesse dai due militari quella notte.
A cura di Biagio Chiariello
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Ieri nelle aule della procura di Firenze ha fatto il suo ingresso Pietro Costa, 32 anni, originario di Palermo, carabiniere scelto, accusato di violenza sessuale aggravata dalla minorata difesa. Costa è uno dei due militari dell’Arma che avrebbero stuprato due studentesse americane nel centro storico del capoluogo toscano. Così come aveva fatto giorni addietro il suo collega Marco Camuffo nei giorni scorsi, anche Costa si è presentato davanti ai magistrati per raccontare la propria versione dei fatti.

Le ammissioni del secondo carabiniere

E in realtà, come si evince dall’articolo di Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, la sua testimonianza è stata molto simile a quella del collega, con la differenza che il 32enne avrebbe enfatizzato ancora di più il consenso da parte delle ragazze. “Ho fatto un errore – ha ammesso – ma non ho violentato nessuno. Lei era d'accordo, anzi per dire tutta la verità, tutte e due erano d'accordo. Sono state loro a insistere per farci salire a casa”. Anche nel caso di Pietro Costa, dunque, emerge dunque la differenza su come sarebbe avvenuto il rapporto sessuale: consenziente, dice il carabiniere. Violenza, denunciano le due ragazze americane. Se l’appuntato Marco Camuffo aveva negato di essersi accorto dello stato alterato delle due studentesse, Pietro Costa invece ha rimarcato come l’intimità sia stata favorita dall’invito a casa delle giovani.

Le violazioni dei due militari a Firenze

Ad aggravare la posizione dei due militari dell’Arma rimane comunque una lunga lista di violazioni tra cui far salire un civile in auto cambiando il percorso senza autorizzazione e senza informare la centrale; non riportare nella relazione di servizio i cambiamenti effettuati. Ci sono poi i diversi buchi di quella notte sui quali la magistratura vuole fare chiarezza.  La pattuglia, infatti, comincia il servizio alle 00:45. E deve durare fino alle 6,45: sono le 2.10 quando dalla discoteca Flo chiamano in centrale per segnalare una rissa 2,10. Arrivano tre gazzelle, alle 2,45 si conclude l'operazione. Le telecamere del locale riprendono l'auto che va via con quattro persone a bordo. “La gazzella si sposta in un settore di competenza della polizia – è sottolineato nel documento – senza chiedere l'autorizzazione alla centrale, né fare relazione successiva”.

Quel buco di due ore

I due carabinieri riappaiono alle 4 del mattino quando svolgono un posto di blocco. C’è quindi un segmento di quasi due ore in cui non si sa dove siano finiti. La vettura dei militari, una Fiat Bravo, resta parcheggiata davanti alla casa delle due studentesse fino alle 3,10, ma poi sparisce fino al posto di blocco, del quale comunque non esiste alcuna indicazione sui controlli fatti. Ma tra le accuse contestate a Camuffo e a Costa, c’è comunque un comportamento che è andato ben oltre le loro competenze e che ha avuto “fini diversi da quelli istituzionali, e non consentiti”. I carabinieri hanno “fatto accedere sull'auto di servizio due civili non autorizzate e hanno mostrato di violare ambiti di competenza di altre polizie”

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