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Opinioni

Ricercatori italiani: premiati all’estero e umiliati a casa loro

Quando il governo gioisce dei successi dei ricercatori italiani fuggiti all’estero, non si capisce se ci è o ci fa.
A cura di Michele Azzu
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Non è ancora iniziato ed è già un 2016 storico per la ricerca italiana. Prima, lo studio che ha intercettato le onde gravitazionali – dimostrando così la teoria della relatività formulata da Einstein – a cui hanno partecipato anche ricercatori italiani. Poi, le scoperte sul cancro nello studio condotto dall’Università San Raffaele di Milano, presentato a Washington.

Ma due italiani hanno vinto anche il bando in linguistica dell’European Research Council, aggiudicandosi 2 milioni di euro di finanziamenti a pari merito coi francesi. Insomma, davvero un grande momento per la ricerca in Italia. O forse no. Forse il merito è degli italiani che fanno ricerca quasi sempre all’estero, senza l’aiuto dell’Italia.

È emblematico, infatti, che proprio nei giorni in cui i ricercatori italiani mettono in fila un successo dopo l’altro, sia anche il momento più nero per la categoria. Che, si sa, guadagna poco e nulla. È precaria, e troppo spesso costretta ad emigrare, e fuori dall’Italia anziché patire fa fortuna. Ma ora i ricercatori sono stati esclusi anche dalla possibilità di accedere agli assegni di disoccupazione per precari, i “dis-coll”.

È la stessa ricercatrice che ha vinto, assieme ad un collega, il bando in linguistica dell’ERC a voler mettere le cose in chiaro. Pochi giorni fa, infatti, il ministro dell’istruzione Stefania Giannini si complimentava pubblicamente della vittoria del bando ERC da parte di due italiani. Poco dopo, Roberta D’Alessandro, vincitrice del bando, scriveva sul suo profilo Facebook:

“Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati. La mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L'Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai”, spiegava la ricercatrice per poi raccontare le delusioni della sua carriera in Italia (prima di andare all’estero e vincere borse di studio a Cambridge e lavorare in Microsoft).

E mentre su Twitter il premier Matteo Renzi scriveva: “C’è anche la ricerca italiana nella storica scoperta delle ‪#ondegravitazionali. Bravissimi i ricercatori di Cascina e dell’INFN”, Fanpage.it intervistava Antonio Perrecca, originario di Bacoli, in provincia di Napoli, che è uno dei ricercatori coinvolti nella scoperta dell’istituto americano Caltech sulle onde gravitazionali.

Ora il sindaco di Bacoli vuole organizzare una celebrazione del ricercatore al suo prossimo passaggio nella città natale. Ma anche se è un bel pensiero, di cui Antonio è felice, anche lui come gli altri è stato costretto a emigrare negli USA dopo anni di fatica in Italia. A Antonio, probabilmente questi riconoscimenti faranno piacere, ma erano altre le cose che avrebbe dovuto dargli questo paese: i fondi, un lavoro, le opportunità.

Invece no. Anche nel momento in cui l’Italia si distingue non esiste una minima speranza che si possano intepretare questi segnali e cambiare le cose per davvero. Così mentre gli italiani nel mondo fanno passi avanti nella cura contro il cancro, nella teoria della relatività e perfino nelle materie umanistiche… in Italia chi rimane si ritrova coi fondi che vengono tagliati sempre di più.

“Il 18 febbraio 2016, il MIUR ha pubblicato il Decreto Ministeriale n.78 del 2016, che ripartisce gli 861 posti di Ricercatore a tempo determinato”, scrive l’Unione degli Universitari. “Un finanziamento di entità così ridotta, senza una programmazione di reclutamento con cadenza annuale, non può risolvere sicuramente la carenza di personale docente all’interno dell’Università, né tanto meno fermare l’emorragia progressiva di docenti dagli organici universitari”.

Le conclusioni? “L’impatto medio di questo Piano Straordinario Ricercatori 2016 a livello italiano sarà solamente dell’1,80% rispetto all’attuale organico di Ordinari, Associati e Ricercatori”. Insomma, una goccia nel mare, che come al solito viene spacciata per riforma strutturale. Ma non basta. Proprio questo febbraio in tante università italiane i ricercatori del Coordinamento Ricercatrici e Ricercatori non Strutturati hanno portato avanti uno “sciopero alla rovescia”, in cui in si continua a lavorare mentre si protesta.

Perché il 15 dicembre scorso la Commissione Bilancio della Camera ha bocciato l’estensione della “dis-coll”, il sussidio di disoccupazione per precari istituito da Renzi, a ricercatori e dottorandi. La motivazione, da parte del governo, rimanda al fatto che la ricerca sia più una cosa di formazione, che un lavoro. E basta vedere in che cassa pensionistica i ricercatori versano i contributi, per capire di che lavoro si tratterebbe se lo fosse: è la Gestione Separata dei precari.

Insomma, fare il ricercatore è formazione o è lavoro precario della peggiore specie. All’Italia della ricerca scientifica non frega nulla. L’importante è congratularsi pubblicamente dei traguardi dei ricercatori italiani, quando questi trovano fortuna all’estero, dopo anni di sacrifici perché in Italia non solo non c’è lavoro, ma quando si trova è impossibile camparci. Peggio, non è neanche considerato un lavoro.

Alle critiche dei ricercatori Matteo Renzi ha risposto: "Se volete andare all'estero fatelo. Ma noi faremo dei nostri istituti i luoghi al top del livello mondiale capaci di attrarre ricercatori di tutto il mondo". Già, caro presidente, ma non è questione di ottimismo. È che i fondi continuano a non esserci, è che non avete concesso la disoccupazione a chi lavora e prende mille euro al mese con contratti di pochi anni.

In che maniera, quindi, si vogliono attrarre i ricercatori, mentre le nostre menti più brillanti sono già belle che partite?

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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