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Omicidio Fermo, Mancini patteggia 4 anni. La compagna di Emmanuel rinuncia a risarcimento

All’udienza era presente la vedova di Emmanuel, Chenyere, che ha rinunciato a qualsiasi pretesa risarcitoria. Mancini si è impegnato a contribuire alle spese necessarie per la traslazione della salma della vittima in Nigeria.
A cura di Susanna Picone
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Emmanuel e la sua compagna
Emmanuel e la sua compagna

Amedeo Mancini, l'uomo accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi avvenuta a Fermo lo scorso luglio, ha patteggiato la pena di quattro anni davanti al gip Maria Grazia Leopardi. L’accordo era stato raggiunto a dicembre tra la difesa, gli avvocati Francesco De Minicis e Savino Piattoni, e la Procura. Mancini resta agli arresti domiciliari. Delle tre aggravanti contestate è stata ritenuta insussistente quella dei motivi abietti e futili, e mantenuta quella “razziale”. È stata invece riconosciuta l'attenuante della provocazione.

All'udienza odierna c’era Chenyere Emmanuel, la vedova del migrante ucciso che, assistita dall'avvocato Letizia Astorri, ha rinunciato a qualsiasi pretesa risarcitoria. Mancini si è impegnato a contribuire, con l'aiuto dei suoi amici, alle spese necessarie per la traslazione della salma della vittima in Nigeria, secondo l’unico desiderio della donna. “Ciò che la sentenza non racconta è che la compagna di Emmanuel oggi ha rinunciato a ogni azione risarcitoria nei confronti di Mancini, a fronte del pagamento dell'unica somma di 5000 euro richiesta per il rimpatrio in Nigeria della salma di Emmanuel, essendo l'unico desiderio espresso dalla parte offesa”, ha commentato l’avvocato Astorri dopo la sentenza.

“Dopo un lungo processo mediatico, tante rivendicazioni sull'esistenza di una scriminante per legittima difesa, tante ricostruzioni prive di riscontro, super testimoni che hanno raccontato fatti e circostanze oramai smentite, l'unica e sola verità rimasta – ha detto ancora il legale della donna – è quella raccontata dalla sentenza di patteggiamento. Tutto, quindi, superato da questo: anche i 20 testimoni, che si sono dimostrati assolutamente ininfluenti per la tesi della legittima difesa, ma sicuramente importanti per confermare la futilità dei motivi, purtroppo di stampo razziale, così come aveva già rilevato lo stesso Tribunale del Riesame di Ancona nell'ordinanza del 5 agosto 2016, in sede di misura cautelare, circa le contraddizioni delle due super testimoni, dando credibilità solo alla seconda”.

“Tanto clamore per nulla, qualcuno direbbe, visto che oggi – ha aggiunto ancora l’avvocato della vedova di Emmanuel – c'è un colpevole che si professava innocente e una parte offesa, che tale è sempre stata, che in Italia è venuta senza niente e che di certo non si è voluta approfittare della situazione, volendo unicamente dar pace alla salma del compagno morto in quel maledetto 5 luglio 2016. Con questa condanna, quindi, si spera solo che chi ha sbagliato impari a rispettare il prossimo, chiunque esso sia, che Fermo ritorni ad avere l'immagine di città ospitale, solidale e accogliente che ha sempre avuto e che ora Emmanuel possa finalmente riposare in pace”.

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