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Il Questore chiude il Cocoricò. Ma che colpa ha il locale?

In seguito alla morte di Lamberto, il sedicenne di Città di Castello ucciso da un’overdose di MdMa al Cocoricò, il Questore di Rimini ha disposto la chiusura del locale per quattro mesi. Ma come può un locale essere responsabile delle azioni compiute dai suoi avventori?
A cura di Charlotte Matteini
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Una serata con gli amici in discoteca e una dose letale di MdMa, così è morto Lamberto Lucaccioni, il sedicenne di Città di Castello deceduto in seguito a un'overdose al Cocoricò di Riccione. Dalle prime confessioni degli amici di Lamberto, sembrava che la dose di MdMa fosse stata acquistata nella città natale dei ragazzi e in seguito consumata nel locale. Successivamente i ragazzi hanno ammesso di aver comprato un'altra dose nei pressi della discoteca e secondo i medici legali potrebbe essere stata proprio quell'ultima "cala" a uccidere il sedicenne.

Nonostante le indagini siano solo all'inizio, stamane il questore di Rimini, Maurizio Improta, ha notificato un provvedimento di chiusura per il locale romagnolo. Rifacendosi all'articolo 100 del Tulps, il questore ha decretato 4 mesi di sospensione della licenza. 120 giorni di stop, in piena stagione estiva, perché secondo il questore sussiste l'oggettiva, e non effettiva, responsabilità del locale nella morte del sedicenne umbro. "Il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica ed il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”, recita l'articolo del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. In pratica la sospensione della licenza viene decretata con finalità di prevenzione, per produrre un effetto dissuasivo, ma viene applicata indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente.

Umanamente certo dispiace per la morte di un ragazzo così giovane, umanamente si è di certo contrari all'abuso di sostanze stupefacenti e sicuramente intraprendere qualsiasi azione utile per cercare di arginare il fenomeno è doveroso. Ma per quale motivo un locale dev'essere sanzionato a tal punto, senza che il gestore del locale abbia un'effettiva responsabilità nella vicenda? Come si può realisticamente pensare che la chiusura di un locale, in assenza di evidenza penale, possa essere una misura efficace nel contrasto dell'abuso di sostanze stupefacenti? Chiuso uno, via l'altro: chi spacciava da una parte, si sposterà in un altro locale, e così la clientela. E via andare, la misura deterrente produrrà solo un circolo vizioso, uno spostamento del fenomeno e nulla più. In  secondo luogo, chi fa uso o abuso di sostanze stupefacenti sa che esiste il rischio di incorrere nella tragedia, non è una novità. Ma, è brutto e forse disumano scriverlo nero su bianco, chi decide di far uso di un certo tipo di droghe dovrebbe essere conscio di ciò che sta facendo, dovrebbe essere lui e solo lui l'unica persona oggettivamente responsabile delle conseguenze del comportamento messo in atto, quando non si verifichi costrizione.

Si potrebbe rispondere che un gestore di discoteche dovrebbe sentire una sorta di responsabilità sociale verso i propri clienti e pertanto dovrebbe prendere tutti i provvedimenti possibili per debellare il fenomeno. Analizzando però la situazione in maniera più pragmatica e meno utopistica, è più facile a dirsi che a farsi. Come si può anche solo pensare sia possibile eliminare completamente il fenomeno dello spaccio e del consumo di droghe all'interno delle discoteche? Perquisendo ogni cliente? Mettendo dei buttafuori all'interno dei bagni o nei pressi dei parcheggi? Arginare il fenomeno si potrebbe, e già molte discoteche, tra cui anche il Cocoricò, sono in prima linea nella lotta alla droga, ma credere sia possibile estirparlo alla radice è un'utopia. Ed è per questo che sostenere la responsabilità oggettiva del Cocoricò nella morta del ragazzo trovo sia un po' azzardato. La responsabilità oggettiva dovrebbe sussistere solo se si viene provata la connivenza o la costrizione, ma in altre situazioni ipotizzarla diventa pretestuoso. Ma nonostante queste considerazioni, che negli anni sono state sollevate in più occasioni, soprattutto in relazione alla responsabilità oggettiva delle società calcistiche verso i propri tesserati e tifosi, in Italia si continua a sanzionare a largo spettro, anche in assenza di riscontri effettivi.

E quindi,  in Italia, i 120 giorni di stop al Cocoricò, in piena stagione estiva, sono giusti e sacrosanti, secondo il questore. E intanto a subire le conseguenze dell'assurdo provvedimento saranno i circa 200 dipendenti del Cocoricò, ritrovatisi disoccupati da un giorno all'altro.

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