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Uccise per salvarsi dallo stupro, la mamma chiede aiuto al Papa e all’Italia

La mamma di Reyhaneh Jabbari, 26enne che rischia l’impiccagione per l’omicidio dell’uomo che voleva stuprarla, lancia un appello disperato alle mamme, ai politici italiani e al Vaticano. Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha assicurato il suo impegno.
A cura di Susanna Picone
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Se all’ultimo momento le autorità dell’Iran non avessero deciso di rinviare l’esecuzione di una condanna a morte, Reyhaneh Jabbari sarebbe stata impiccata ieri mattina. Si tratta della 26enne iraniana accusata, sette anni fa, di aver ucciso un uomo, quello che avrebbe voluto violentarla. La donna fu arrestata e confessò di aver ucciso per difendersi ma una sentenza l’ha condannata a morte. L’esecuzione, inizialmente prevista per ieri mattina, è stata rinviata di dieci giorni e Reyhaneh è stata nuovamente trasferita dal carcere di Rajaishahr alla sua vecchia prigione a sud di Teheran. Ora è sua madre, Sholeh Pakravan, a lanciare un disperato appello nel tentativo di riuscire a salvare sua figlia dalla morte. Un appello che la mamma della donna condannata a morte fa attraverso Aki-Adnkronos International alle mamme italiane, ai politici italiani e al Vaticano. “Chiedo alle mamme italiane di dimostrarmi la loro vicinanza e di attivarsi perché mia figlia torni a casa”, così in un'intervista esclusiva ad Aki. “A me non è data la possibilità di mettermi in contatto con i governanti del mio paese – ha spiegato la donna – e chiedo quindi ai politici italiani che siano loro a fare arrivare la mia voce alle autorità iraniane. E chiedo al Pontefice di pregare per la mia bambina e al Vaticano di mettersi in contatto con le autorità religiose del mio paese, aiutando così una madre disperata”.

La detenzione di Reyhaneh Jabbari, condannata a morte in Iran

La Pakravan ha raccontato che sua figlia è psicologicamente distrutta, ma che la notizia del rinvio dell’esecuzione l’ha un po’ rincuorata: “Prima della prevista esecuzione l'hanno bendata, le hanno messo le manette e addirittura le catene ai piedi, come si fa in genere solo con gli uomini. Quelle catene le hanno provocato piaghe e ferite e lei piangeva disperata”. La mamma della 26enne ha descritto questi anni di detenzione come un’odissea e ha spiegato di poter vedere sua figlia solo attraverso un vetro, una volta a settimana, e per pochi minuti. Addirittura nessuno avrebbe avvisato la famiglia dell’imminente impiccagione di Reyhaneh Jabbari: “Lo abbiamo saputo quasi per caso, chiedendo al responsabile delle esecuzioni che a sangue freddo ci ha detto che il nome di nostra figlia era nella lista degli impiccati di oggi”. La mamma ha spiegato anche che un’ultima speranza è riposta nel perdono della famiglia della vittima ma, ha detto, quella famiglia pone condizioni sempre diverse. “Ma nonostante tutto – ha spiegato ancora – noi siamo pronti a fare il possibile per assecondare le richieste che dovessero decidere di presentare formalmente per il perdono”.

Mogherini e la Cei hanno risposto all’appello della madre di Reyhaneh

Per salvare Reyhaneh Jabbari dall’impiccagione l’ong Neda Day ha lanciato una campagna di sensibilizzazione con la quale chiede a tutti gli italiani di inviare una lettera di protesta all'ambasciata in Italia. Dall’Italia si è impegnata per questa vicenda il ministro degli Esteri Federica Mogherini: “L’appello della madre di Reyhaneh non può lasciarci indifferenti”, ha detto il capo della diplomazia italiana. “L’Italia – così Mogherini – è per tradizione contraria alla pena di morte e per questo ci stiamo battendo da tempo anche alle Nazioni Unite. Mi auguro dunque, nel pieno rispetto delle procedure iraniane, che la sentenza possa essere riesaminata. Già ieri l'ambasciata italiana a Teheran ha trasmesso questo auspicio alle autorità iraniane”. Il ministro italiano ha concluso dicendo di essere certa che le parole della donna saranno ascoltate con attenzione anche in Iran, “un Paese di cui ho avuto modo in più occasioni di apprezzare una cultura millenaria che tanto valore ha sempre dato alla vita umana”. E anche la Chiesa ha risposto all’appello lanciato dalla mamma di Reyhaneh: monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha detto che “questa richiesta pressante non resterà inascoltata”.

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