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Torino, va in caserma a denunciare i maltrattamenti del compagno: carabiniere la stupra

Il militare, 39enne, era in servizio a Mathi: è stato condannato a 7 anni. Era il 1° novembre 2013, la donna era andata in caserma a denunciare le botte subite dal compagno. Il tribunale di Ivrea non solo ha accolto la tesi dell’accusa, ma ha aumentato la pena di un anno e mezzo.
A cura di Biagio Chiariello
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Era andata in caserma a Mathi, nel Torinese, a denunciare i maltrattamenti subito dal compagno e, poco dopo, è stata violentata dal carabiniere che aveva preso la denuncia. Un episodio avvenuto nel novembre del 2013 e che ora ha portato alla condanna a sette anni nei confronti del militare dell’Arma, Michele Doccini, classe 1978, difeso dagli avvocati Bartolomeo Petitti e Emanuela Bellini. Il Tribunale di Ivrea ha ccolto la tesi dell'accusa (il pm Ruggero Crupi aveva chiesto sei anni di carcere), aumentando la pena di un anno e mezzo. Ieri il pubblico ministero Ruggero Mauro Crupi ha ricostruito nella sua requisitoria la drammatica esperienza vissuta della vittima, una donna di 40 anni, residente in Canavese.

“La vittima, quel giorno, si è recata più volte alla caserma di Mathi – ha illustrato l’accusa –. L’imputato avrebbe raccolto la denuncia in cui la donna raccontava delle botte e dei maltrattamenti che subiva dal fidanzato. Già in quel frangente, approfittando della fragilità della persona che si trovava davanti, il carabiniere si sarebbe fatto dare il numero di cellulare e le avrebbe fatto persino delle avance mentre le faceva fare un giro delle celle di sicurezza della caserma”. Secondo il pm, il carabiniere, una volta ottenuta la fiducia della donna, l’avrebbe accompagnata a casa con la scusa di controllare che il compagno violento non la stesse aspettando nell’appartamento. La 40enne, resasi conto che l’uomo non era presente, avrebbe chiesto al militare di andare via, ma Doccini avrebbe insistito per entrare in casa con la motivazione di controllare meglio. Una volta chiusa la porta, il carabiniere le avrebbe detto “Bene adesso siamo in due, o facciamo sesso o ti bollo più di quello che ti ha “bollato” l’altro. A quel punto si sarebbe consumato lo stupro denunciato dalla vittima.

Ho ceduto, lasciandolo fare, perché quell’incubo finisse il prima possibile” aveva già raccontato la 40enne Mi disse più volte che tanto lui era un carabiniere e che tutti avrebbero creduto alla sua versione dei fatti e non alla mia" ha raccontato ancora la donna agli inquirenti. “Ora la difesa sosterrà che la vittima non è credibile – ha concluso il pm – ma il suo racconto è preciso, dettagliato e circostanziato. Inoltre, non ha nessun motivo per inventarsi una simile storia”. I legali del carabiniere hanno già annunciato che faranno appello.

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