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Tony Drago, morte archiviata come suicidio, la sorella: “Esercito casta protetta”

“L’Esercito continua a essere una casta che declama onore e dignità, però quando sbaglia riesce a farla franca sempre”, così Valentina Drago, la sorella del caporale morto in caserma cinque anni fa, commenta la sentenza che ha archiviato la morte di Tony Drago come suicidio. Il caporale venne trovato nel cortile della caserma dei Lancieri di Montebello a Roma, con la faccia immersa nel suo sangue.
A cura di Angela Marino
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"Perché il tribunale ammette che l'hanno ucciso, ma dice che è troppo tardi per indagare ancora?". È l'amaro commento di Valentina Drago alla decisione di archiviare il caso della morte di suo fratello Tony Drago, il militare trovato cadavere nella caserma dei Lancieri di Montebello a Roma all'alba del 6 luglio 2014. Proprio in questi giorni, infatti, il gip del tribunale di Roma, Angela Gerardi, ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero Alberto Galanti secondo il quale la morte di Tony sarebbe ‘suicidio per precipitazione'.

"Il giudice – spiega Valentina – in realtà ha ammesso che i periti hanno ragione, che non può essersi suicidato, ma secondo lei gli elementi per indagare non sono sufficienti o sono impossibili da reperire". "La decisione assunta dal Tribunale romano ha umiliato la memoria di un giovane siracusano – ha commentato, imvece, Carlo Garozzo, presidente dell'Associazione “Giustizia per Lele” che da 19 anni per la verità sulla morte di Emanuele Scieri, anche lui morto ‘suicida' all’interno della caserma dove prestava servizio. "Si tratta di una sentenza – continua Garozzo – che mortifica il coraggio dei familiari di Tony, di mamma Rosaria e papà Alfredo e della tenace sorella Valentina".

I fatti, risalgono a 5 anni fa, quando il cadavere di Antonino Drago, 25enne si Siracusa in servizio presso la Caserma dei Lancieri di Montebello di Roma, venne trovato senza vita nel piazzale antistante gli alloggi dei militari, in posizione prona, con il volto immerso nel sangue e indosso un paio di pantaloncini neri e d'infradito. Le autorità militari conclusero che si trattava di suicidio, mentre i legali della famiglia Drago, sin dal primo momento indagarono sull'ipotesi dell'aggressione da parte di terzi. Approfondite indagini portarono l'avvocato Dario Riccioli a ipotizzare che il ragazzo potesse essere stato vittima di un grave episodio di nonnismo. Tony, dunque, sarebbe stato picchiato a morte e poi il suo corpo spostato sul pavimento antistante il dormitorio, per simulare un suicidio.

Per i consulenti della famiglia Drago, infatti, proprio la posizione del cadavere, trovato a faccia in giù, con le gambe distese e composte, sarebbe il primo elemento incompatibile con l'ipotesi di precipitazione. Il secondo, invece, è rappresentato dalle vistose ferite sulla schiena del ragazzo, riconducibili all'azione di un oggetto dalla superficie ampia, come un badile. Grazie alle indagini difensive della famiglia otto persone vennero indagate dalla Procura di Roma, ma dopo interrogatori e verifiche, l'ipotesi di ‘omicidio a carico di ignoti' è stata archiviata.

"Hanno perso l'occasione di guadagnarsi un minimo di rispetto e fiducia da parte di tutti i cittadini italiani – conclude Valentina – così facendo hanno dimostrato a tutti che l'Esercito continua a essere una casta che declama onore e dignità, però quando sbaglia riesce a farla franca sempre. Anche se adesso sul piano giuridico siamo bloccati, però, su quello mediatico e sociale continueremo a raccontare la storia di Tony Drago come esempio di viltà da parte delle istituzioni che dovrebbero proteggerci".

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