Prevenire la violenza sulle donne: in Repubblica Ceca l’approccio innovativo

Anziché aspettare un’esplicita richiesta d’aiuto, il progetto ProFem 2.0 si occupa di intercettare i piccoli segnali di disagio prima che sia troppo tardi. Così in pronto soccorso, consultori o tramite i medici di base in Repubblica Ceca si riesce a fare prevenzione, salvando potenzialmente la vita di centinaia di donne ogni anno.
A cura di Ciaopeople Studios
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La violenza di genere è un problema ancora lontano dall'essere risolto: l'ultimo report delle Nazioni Unite ha evidenziato come nel 2023 siano state uccise più di 50.000 donne nel mondo, significa una vittima ogni 10 minuti. I femminicidi sono la forma più estrema di una piaga che colpisce anche l'Europa, ma la violenza sulle donne si manifesta in diversi modi, spesso più silenziosi, ma non per questo meno gravi. Secondo lo studio condotto da ProFem (un'associazione senza scopo di lucro che in Repubblica Ceca si occupa da oltre trent'anni di dare supporto alle vittime di violenza domestica e sessuale) e MindBridge Consulting a.s. quasi 6 donne su 10 in Cechia hanno subìto una qualche forma di violenza sessuale, sebbene il 32% di loro non abbia cercato l'assistenza medica necessaria.

Ecco perché, pur restando fondamentali, sportelli d'ascolto e centri antiviolenza da soli non bastano. Serve fare un passo ulteriore, arrivare a chi non ha la forza o gli strumenti per denunciare. Con il progetto ProFem 2.0 la Repubblica Ceca è riuscita a colmare questo vuoto, creando un sistema integrato, capillare e proattivo. Un approccio innovativo che ha ricevuto il sostegno del Fondo Sociale Europeo e che nel 2023 ha vinto il prestigioso premio REGIOSTARS nella categoria “Un'Europa sociale e inclusiva”. L'idea alla base è semplice e si basa su quattro pilastri: non si aspetta che la donna in difficoltà arrivi a bussare alla porta, ma si intercettano precocemente i segnali di disagio grazie al supporto di prossimità.

Gli operatori specializzati non si trovano solo nei CAV, ma si spostano in pronto soccorso, negli studi medici, nei consultori e ovunque si possano cogliere i primi segnali di una violenza fisica, psicologica o economica. Insieme all'approccio multidisciplinare che coinvolge medici, psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali, forze dell'ordine e legali riescono così a costruire dei percorsi personalizzati che affrontano subito e concretamente l'urgenza, ma soprattutto aiutano le vittime dopo, nel processo di “ricostruzione” e gestione del trauma. In questa fase entra in gioco l'empowerment, perché sfuggire alla violenza può non essere risolutivo. Alle donne viene offerta la possibilità di costruire una nuova autonomia grazie a formazione, tirocini, supporto abitativo o consulenze legali per affrontare denunce e separazioni. Infine il progetto si è occupato anche di rafforzare la collaborazione tra gli attori sparsi sul territorio (ULSS, comuni, centri antiviolenza, tribunali, aziende private) e di formare in modo capillare tutti gli operatori affinché sappiano riconoscere subito i segnali della violenza.

Del resto la posta in gioco è altissima, la Repubblica Ceca spende 2,3 miliardi di corone ceche ogni anno per curare i problemi di salute derivanti dalla violenza sessuale, la maggior parte di questi costi riguarda proprio i danni psicologici a lungo termine. Investire nella prevenzione, quindi, è importante per salvare la vita di tantissime donne, ma è anche la

scelta più economicamente lungimirante e sostenibile. Il progetto ha permesso l'apertura a Praga di PORT, il primo centro specializzato per vittime di violenza sessuale nel Paese: è un posto sicuro dove si può accedere a tutti i servizi necessari, gratuitamente e senza la necessità di rivivere il trauma raccontando più volte la propria storia. Sempre nell'ottica di proteggere la salute mentale delle vittime, il sistema POL POINT permette loro di parlare con la polizia in videochiamata, all'interno di una postazione discreta e protetta, così da facilitare la denuncia e alleggerirne come possibile il peso emotivo. Quello di ProFem 2.0. è un modello facilmente esportabile che dimostra quanto l'Europa si stia muovendo verso un futuro più equo e inclusivo, la riprova che non è necessario aspettare il peggio per intervenire, perché la prevenzione salva la vita anche quando si tratta di violenza di genere.

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