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Monkey barring: la tendenza tossica di chi passa da un partner all’altro per non stare solo

Il termine riprende il comportamento delle scimmie: come fanno loro con le liane c’è chi nelle relazioni non lascia il partner fin quando non ne trova un altro.
A cura di Giusy Dente
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Ogni comitiva ha quell'amico o quell'amica sempre fidanzato/a. Non fa in tempo a chiudere una relazione che già ne comincia un'altra e tu, single incallito, ti chiedi come sia possibile che abbia avuto il tempo non solo di conoscere qualcuno in tempi record, ma persino qualcuno di così interessante da cominciare un'altra frequentazione! Ebbene, forse è il segreto di Pulcinella, ma spesso la seconda storia era già "in lavorazione" prima di chiudere la prima, quella ufficiale. Questo comportamento si chiama monkey barring o monkey branching: entriamo nello specifico.

Monkey barring: che cos'è

L'espressione, tradotta in modo letterale, già dà un indizio. Fa riferimento al comportamento tipico delle scimmie sulle liane: c'è un momento in cui con una zampa sono aggrappate a una liana e con l'altra zampa a quella successiva. Solo quando hanno ben salda la seconda lasciano la prima, altrimenti cadrebbero nel vuoto. Ebbene, molte persone fanno lo stesso coi partner: non lasciano andare la relazione fino a quando non ne hanno avvicinata o cominciata un'altra, così da non rimanere mai soli.

Nulla di nuovo: è un'abitudine tossica di vecchia data, più viva e vegeta che mai oggi, in un mondo in cui è difficile allargare le proprie cerchie, in cui non si vuole rischiare, in cui la paura della solitudine si avverte più forte che mai. Dunque si preferisce la stabilità, l'abitudine, la sicurezza: ci deve essere un compagno di viaggio vicino che possa alleviare un po' la pesantezza della vita quotidiana. Ovviamente tenere in piedi una relazione mentre già con una "zampa" ci si sta aggrappando a un altro partner, significa tenere una persona del tutto all'oscuro delle proprie intenzioni. Si crea un legame sentimentale con un altro individuo, una sorta di "sostituto" che possa immediatamente andare a colmare il vuoto che lascerà il primo soggetto. Tradimento? Forse. Inganno di sicuro.

Ovviamente chi subisce il monkey barring non lo sa: quando lo scopre, è già troppo tardi. L'altra persona si è già avvicinata a un'altra. Chi attua questa manipolazione spesso è recidivo: è una vera e propria abitudine che porta a passare da un partner all'altro per noia, per compagnia, per paura, per i motivi più disparati. Il cambiamento deve partire dall'interno, dalla consapevolezza di ciò che si vuole e di ciò che si è, senza cercare affermazione nell'altro, senza esistere solo nella coppia, ma dandosi un'identità come individuo. Questione di autostima, almeno in parte: magari ci sono ferite più profonde che portano a questo eccessivo bisogno di sicurezza relazionale.

Di base c'è spesso l'incapacità di gestire la solitudine, il bisogno di una relazione a tutti i costi. Questo succede soprattutto quando la relazione è uno strumento di affermazione e si sente di esistere solo se si è in coppia, perché è nella coppia che ci si sente sicuri, appagati, completi. L'affetto altrui fa da regolatore emotivo, funge da affermazione della propria esistenza, che altrimenti apparirebbe vuota, senza senso. Una sorta di dipendenza affettiva insomma, accompagnata da difficoltà comunicativa: la difficoltà di comunicare il proprio disagio, il proprio malessere all'interno della coppia e la decisione maturata.

Da qui la ricerca della scappatoia, di una strada più facile, ma decisamente poco onesta. In questo modo egoistico di affrontare la rottura, ci si risparmia un po' di sofferenza, si evita di lanciarsi nel vuoto, nell'ignoto di una nuova vita da single: si attende di avere la garanzia di una nuova liana a cui aggrapparsi. Tutto questo, mentre c'è una persona ignara di tutto che continua a investire energie, tempo, sentimenti ed emozioni in qualcosa che per l'altro è già sulla via del tramonto.

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