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Lo spot con Sydney Sweeney è questione di jeans o di geni?

Sydney Sweeney ha dei jeans fantastici o dei geni fantastici? Lo spot di American Eagle è finito nella bufera. Il brand ha chiamato l’attrice come testimonial per i suoi jeans, ma il gioco di parole è diventato un caso politico: nasconde un messaggio razzista?
A cura di Giusy Dente
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Capita spesso che le pubblicità accendano focolai di polemica: perché troppo spregiudicate, perché eccessivamente provocatorie, perché controverse. C'è stato il caso della campagna di Zara, accusata di fare poco delicatamente riferimento alla strage in corso a Gaza. C'è stato il caso Balenciaga, con la Maison che ha dovuto scusarsi pubblicamente e ritirare la campagna per le sue foto choc che ritraevano bambini associati al mondo fetish e bondage. Quando si gioca audacemente con la provocazione si rischia di cadere nell'eccesso, di spingersi troppo in là. Ed è proprio quello che è successo con la nuova campagna di American Eagle.

La bufera sui jeans-genes di Sydney Sweeney

L'attrice, candidata due volte agli Emmy per i ruoli nelle serie tv Euphoria e The White Lotus, è la nuova testimonial di America Eagle. Il brand l'ha scelta per realizzare una campagna che ha immediatamente attirato l'attenzione. Nello sport si gioca ambiguamente con la parola jeans, che in inglese ha una pronuncia simile al termine genes che significa in italiano "geni".

Molti hanno letto un messaggio ambiguo, nella pubblicità, criticandola. Ci hanno visto qualcosa di diverso dalla semplice sponsorizzazione di un capo di abbigliamento fatto da una ragazza innegabilmente bellissima. Il punto di partenza, ancor più che le frasi che pronuncia, è la sua fisicità: magra, seno prosperoso, capelli biodi, occhi azzurri, carnagione chiara.

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I suoi tratti somatici sono perfettamente allineati all'ideale di perfezione che domina oggi: incarna perfettamente quello stereotipo. Ecco perché l'attrice, abbinata a quel gioco di parole, è diventata per molti il mezzo per veicolare un vero e proprio messaggio con connotazione razziale. Un modo, insomma, per ribadire la supremazia bianca, la cosiddetta razza ariana, alla pari di una propaganda nazista d'altri tempi.

Ovviamente, tutto questo si inserisce in un quadro politico complesso e proprio la politica, infatti, si è sentita chiamata in causa. Il senatore Ted Cruz ha definito la polemica una reazione eccessiva ad opera di una "sinistra pazza". È intervenuto anche il portavoce della Casa Bianca, Steven Cheung: "Gli americani sono stanchi di queste stronzate" ha twittato su X.

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Ritorno al passato

L'attrice non ha rilasciato dichiarazioni in merito alle critiche che sta ricevendo. Si è invece espressa American Eagle, ribadendo il tono giocoso e innocuo dello spot. Su Instagram si legge, in un recente post:

"Sydney Sweeney ha dei jeans fantastici" e si è sempre trattato solo di jeans. Dei suoi jeans. Della sua storia. Continueremo a celebrare il modo in cui tutti indossano i loro jeans American Eagle con sicurezza, a loro modo. Dei jeans fantastici stanno bene a tutti.

L'azienda, insomma, si è difesa ribadendo che è sempre stata nelle loro intenzioni solo questione di jeans. Certo, si è parecchio calcata la mano sul gioco di parole, in modo più o meno consapevole. Per marcare l'ambiguità dei termini, in uno dei video si sente Sweeney recitare, mentre si abbottona i pantaloni:

I jeans-geni vengono trasmessi dai genitori ai figli e determinano caratteristiche come il colore dei capelli, la personalità e il colore degli occhi. I miei jeans-geni sono blu.

Forse non ci si aspettava queste reazioni a catena o forse sì, visto che il brand ha assistito, grazie a questo spot, a un aumento del valore delle azioni grazie alla viralità della campagna, ancor più che alle vendite. Razzista o meno, di certo questa pubblicità conferma quanto sfruttare un sex symbol riesca ad avere un vero e proprio un impatto economico.

L'azienda non si è fatta problemi a utilizzare un'immagine stereotipata che però non smette di funzionare: sicuramente lo spot è pensato prevalentemente per strizzare l'occhio al pubblico maschile, chiamando in causa una bellezza "tipica". E anche questo ha molto di politico, senza dover necessariamente chiamare in causa l'ideologia razzista: è sicuramente coerente col ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, con un approccio conservatore e tradizionale.

Dopo anni in cui si è puntato molto sull'immaginario inclusivo, che potesse dunque ampliare la platea e rappresentare realmente tutti, questa campagna segna invece il ritorno all'ideale estetico della perfezione tradizionalmente intesa, ai canoni di bellezza occidentale, quelli che ti fanno sentire sbagliato se te ne discosti. Perché è vero, come dice il brand, che "I jeans fantastici stanno bene a tutti": ma se come testimonial metti un sex symbol biondo e con gli occhi blu, di sicuro vendi di più.

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Giornalista dal 2018, laureata in Lettere ed Editoria e Scrittura, consegue al termine degli studi universitari il master in Critica giornalistica presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico di Roma. Qui, oltre a portare avanti la formazione accademica e a fare esperienze di redazione, coltiva la passione per la radiofonia, collaborando con emittenti web e seguendo corsi di dizione e conduzione. Attualmente a Milano scrive per Fanpage.it, nell'area Stile e Trend, occupandosi prevalentemente di storie e interviste, questioni di genere, storie di donne.
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