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Festival di Sanremo 2024

Se Sanremo ci fa perdere il sonno: i consigli per affrontare le maratone notturne del Festival

“Non chiuderemo prima delle due di notte” Amadeus l’aveva annunciato in tempi non sospetti. E ora tutti noi spettatori ci troviamo a fare i conti con gli effetti della privazione del sonno. Ne abbiamo parlato con l’esperto Ferini Strambi.
Intervista a Prof. Luigi Ferini Strambi
Neurologo e primario del Centro di Medicina del Sonno dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
A cura di Francesca Parlato
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mengoni amadeus cartello sanremo
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Non si può dire che non sia stato di parola. L'aveva detto. "Non finiremo mai prima delle 2 del mattino".
E così è stato.
Martedì sera alle 23:59 mancavano ancora 17 cantanti sul palco. Amadeus, la causa delle nostre notti insonni, ha tagliato sì i monologhi ma i cantanti sono tanti, gli ospiti sono tanti, i neri (gli spazi pubblicitari) sono tanti e gli spettatori sono tanti e sono stanchissimi. E il giorno dopo bisogna pure andare a lavorare. Ma come si fa se la sera prima si sono fatte le tre (perché poi a quel punto che fai, non ti vedi anche un po' di Fiorello?) a svegliarsi alle 7,30 per andare in ufficio?

La privazione di sonno durante Sanremo

Gli unici che durante questi giorni non stanno vivendo una sorta di jet-lag sono i gufi, ovvero quelle persone che la sera fanno fatica ad andare a dormire. "Ma sono anche quelli che hanno difficoltà a svegliarsi presto la mattina. Sanremo mette a dura prova anche loro" ha detto a Fanpage.it il professor Luigi Ferini Strambi, neurologo e primario del Centro di Medicina del Sonno dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Nella settimana di Sanremo si fanno i conti con quella che in altri tempi e in altri stati era considerata a tutti gli effetti una tortura: la privazione del sonno. "Il problema è l'accumulo. Fare tardi una sera non ha alcun effetto. Fare tardi due, tre, cinque sere per seguire fino a notte fonda Sanremo, potrebbe provocare qualche difficoltà sul piano del funzionamento cognitivo oltre che un accumulo di cortisolo, l'ormone dello stress". Nulla che ci impedirà di seguire il Festival ovviamente, ma non meravigliatevi se il collega dell'ufficio accanto è di cattivo umore o vi risponde male. "Irritabilità, sonnolenza, nervosismo sono le conseguenze tipiche della privazione di sonno – continua il professore – Potrebbe poi capitare di notare dei comportamenti più disinibiti, meno controllati e questo succede perché il non dormire causa un cattivo funzionamento dei centri della corteccia frontale che ci consentono di avere il controllo delle emozioni e degli istinti". 

Come restare svegli fino a tardi

Durante la settimana di Sanremo bisogna rinunciare alle classiche otto ore di sonno, non c'è niente da fare. Chi può concederselo può provare a recuperare durante la giornata e a ricaricarsi per affrontare un'altra serata. "Stiamo attenti però a non esagerare. Un sonnellino non deve durare più di trenta minuti altrimenti potrebbe rivelarsi un boomerang. Il rischio è quelli di svegliarsi quando si è già raggiunta la fase di sonno profondo e al risveglio ci potremmo sentire nervosi, confusi, di malumore". Caffè, ginseng, bevande energizzanti sono consentiti ma attenzione perché potrebbero funzionare troppo "Non ci sono controindicazioni se non quella di impedire un pronto addormentamento quando finalmente si va a letto". E poi ci sono i cyborg, altro che gufi e allodole, quelli che riescono a dormire anche solo quattro ore a notte e essere freschi come una rosa. Amadeus in primis. "In questo caso ci sono due elementi da considerare: chi lavora al Festival ha una motivazione precisa che gli consente di compensare gli effetti negativi che la mancanza di sonno comporta. E poi ci sono i brevi dormitori, quelli che proprio per natura hanno bisogno di 4-5 ore a notte e non di più. Oltre che nel mondo dello spettacolo ci sono anche molti politici ad avere questa caratteristica". E per i comuni mortali che hanno bisogno di dormire di più? "Menomale che Sanremo dura solo 5 giorni".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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