video suggerito
video suggerito

Non è mai troppo tardi per cambiare vita, la psicologa “Il coraggio non è atto impulsivo, ma scelta ragionata”

Cambiare strada è una scelta complessa, spesso frenata dalla paura. Una psicologa spiega a Fanpage.it perché il cambiamento richiede realismo, consapevolezza e coraggio, a ogni età.
Intervista a Dott.ssa Chiara Simonelli
Psicoterapeuta e sessuologa presso la Fondazione Sapienza di Roma
A cura di Elisa Capitani
0 CONDIVISIONI
Immagine

Cambiare strada non è sempre una decisione improvvisa né un gesto clamoroso. Spesso nasce da una sensazione sottile ma persistente: quella di non essere più nel posto giusto, anche quando tutto sembra funzionare. In una società che premia la linearità dei percorsi e la coerenza a ogni costo, l’idea di ripensarsi può generare dubbi, senso di colpa e paura di aver perso tempo. Eppure il cambiamento, dal punto di vista psicologico, è spesso un passaggio necessario più che un segnale di errore. Ne abbiamo parlato con Chiara Simonelli, psicoterapeuta e sessuologa presso la Fondazione Sapienza di Roma, per capire cosa significa davvero cambiare strada, quali resistenze interiori entrano in gioco e perché non è mai solo una questione di età o di coraggio.

Cambiare strada, anche a 30, 40 o 50 anni, viene spesso vissuto come qualcosa di problematico o addirittura come un tabù. Dal punto di vista psicologico, cosa significa davvero "cambiare strada"?

Cambiare strada significa assumersi un rischio. Anche quando il cambiamento è molto desiderato, resta sempre un’incertezza legata all’esito finale: non c’è mai la garanzia che le cose andranno meglio. Questo vale sia nella sfera lavorativa sia in quella privata. Per quanto una persona possa prepararsi, informarsi e valutare il contesto, una parte di rischio rimane inevitabile. Ed è proprio questa componente a rendere il cambiamento emotivamente complesso.

Il rischio più temuto sembra essere quello di rimpiangere la scelta fatta.

Sì, ed è una paura molto concreta. Si può lasciare una situazione che non si sopporta più e poi scoprire che le conseguenze sono pesanti, sul piano economico, relazionale o personale. È un rischio in parte calcolabile e in parte no. Lo stesso vale per chi lascia un lavoro frustrante: magari si sente finalmente libero, ma se il nuovo percorso non funziona, il contraccolpo può essere forte.

Quali sono i segnali interiori che indicano che una strada non è più quella giusta per noi?

Di solito sono segnali abbastanza chiari: una sensazione persistente di frustrazione, l’idea di non poter esprimere le proprie capacità, di non giocare davvero le proprie carte. Ci si sente fuori posto, infelici, come se i propri talenti restassero inutilizzati. Detto questo, è importante distinguere tra una percezione realistica e un’immagine idealizzata di sé: non sempre ciò che sentiamo come "talento inespresso" è davvero spendibile in quel momento storico o in quel contesto.

Quindi il desiderio di cambiare va sempre confrontato con la realtà?

Assolutamente sì. Quando si prende una decisione così importante bisogna valutare con attenzione pro e contro. I vantaggi emotivi sono spesso chiari, ma serve anche realismo. Il coraggio non è un atto impulsivo: è una scelta ragionata, che tiene conto delle condizioni materiali, delle competenze reali e del contesto. E poi c’è un fattore che non controlliamo del tutto, che è la fortuna, gli incontri giusti, le occasioni, il momento favorevole.

Quanto pesano le aspettative sociali e familiari nel rendere difficile un cambiamento di percorso?

Pesano moltissimo. Per alcune persone cambiare strada viene vissuto come un tradimento: del percorso fatto, della fiducia degli altri, delle aspettative familiari. Pensiamo a chi ha seguito una carriera "giusta", magari ben retribuita, ma sente che non gli appartiene davvero. Anche se è bravo in quello che fa, può vivere un forte senso di estraneità da sé. Ed è una condizione molto diffusa.

La paura sembra essere il filo conduttore di tutto questo. È possibile distinguere una paura "sana" da un blocco che andrebbe ascoltato?

È possibile, ma richiede consapevolezza. Esiste una paura normale, legata al cambiamento e al rischio, ed esiste una paura che segnala un progetto irrealistico o consolatorio. A volte si fantastica su nuovi percorsi in modo infantile, senza considerare la fatica, la formazione, la gavetta necessaria. In quel caso non siamo di fronte a un vero progetto, ma a una fuga dalla realtà. Riconoscerlo è fondamentale.

La consapevolezza, però, non è sempre facile da sviluppare.

No, infatti. Non tutte le persone hanno gli strumenti per analizzare davvero le proprie emozioni e le proprie motivazioni. Alcuni si prendono in giro senza rendersene conto. Questa capacità, però, si può coltivare, anche facendosi aiutare. Senza un minimo di lavoro su di sé è difficile distinguere tra un desiderio autentico e un’illusione.

Cambia qualcosa, a livello emotivo, nel cambiare strada a 30, 40 o 60 anni?

Cambia soprattutto il giudizio sociale. Fino ai 30 anni un cambiamento viene generalmente accettato. Andando avanti con l’età, lo sguardo degli altri diventa molto più severo. Una persona di 50 o 60 anni che decide di azzerare tutto viene spesso vista con sospetto, come se stesse sovvertendo le regole della realtà condivisa. Questo rende il cambiamento emotivamente più pesante, anche se il bisogno interiore è lo stesso.

In che modo la psicoterapia può aiutare chi sente il bisogno di cambiare strada?

La psicoterapia è uno spazio prezioso proprio per questo. Aiuta a fare chiarezza, a non prendersi in giro, a distinguere ciò che è irrealistico da ciò che è davvero possibile. È un lavoro di analisi profonda, che mette insieme desideri, limiti, risorse e contatto con la realtà. Cambiare strada richiede impegno, fatica e responsabilità: non esiste realizzazione personale senza lavoro su di sé e sulla propria vita concreta.

Cosa direbbe a chi sente di non essere più nel posto giusto, ma pensa che sia troppo tardi per ricominciare?

Direi che non è mai troppo tardi. Se una persona è disponibile ad analizzare con onestà ciò che ha e ciò che desidera, può costruire un equilibrio più autentico anche in età avanzata. Si può vivere meglio, con maggiore coerenza e soddisfazione, anche iniziando un percorso oltre i 70 anni. L’ho visto accadere. Questi momenti di necessità interna di cambiamento sono preziosissimi: la vita è troppo breve per ignorarli.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views