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Si ritira a soli 25 anni Quinzi, il predestinato dello sport italiano: “Troppa sofferenza”

Qualche giorno fa Gianluigi Quinzi ha annunciato il ritiro a soli 25 anni: il tennista veneto è stato numero uno al mondo da junior, vincendo il torneo giovanile di Wimbledon. Poi tuttavia non è riuscito a tenere fede alle aspettative: “Entrare in campo era diventato un dovere, una sofferenza”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Gianluigi Quinzi era il classico predestinato: a 16 anni il tennista marchigiano ha vinto la Coppa Davis Junior con l'Italia, a 17 ha sollevato a Wimbledon il trofeo del campione nel torneo giovanile e in quello stesso anno si è issato al primo posto nel ranking ITF Junior. Era il 2013, sembra passato un secolo. Ed invece sono trascorsi 8 anni, nei quali il talento di Quinzi – in un fisico imponente da 1,91 cm di altezza – ha prodotto solo due successi, non in tornei del circuito maggiore ATP, bensì in due Challenger, oltre a 12 Futures, di cui l'ultimo vinto nel febbraio 2020.

In questi anni la classifica più alta del mancino classe 1996 è stata il numero 142: davvero troppo poco per chi sognava di diventare uno dei migliori tennisti al mondo. Il sacro fuoco che spinge a dare tutto nello sport si è via via spento ed alla fine Quinzi ha mollato: ad inizio luglio ha dunque deciso di ritirarsi, ad appena 25 anni di età.

"Non è stata una decisione facile, l'ho presa nel novembre scorso – ha raccontato alla Nuova Sardegna – Ci stavo pensando da parecchio, col tennis ho chiuso. In futuro non so cosa potrà accadere, ma per ora sono sicuro di aver fatto la scelta giusta. Entrare in campo era diventato un dovere, una sofferenza. Non c'erano più passione e divertimento. Nel momento in cui mi sono reso conto di non riuscire a entrare nei primi 100 ho detto a me stesso che dovevo riflettere e capire che cosa fare".

Quel tennis che amava fin da bambino era diventato per Quinzi una tortura quotidiana: "Avevo troppe aspettative, non riuscivo a gestire l'ansia, non riuscivo a resettare e a ricominciare con entusiasmo. Quando vinci tanto da giovane, perdere diventa una tragedia. E per me è stato così. Mi è mancata la sicurezza a lungo termine e dopo 20 anni di sacrifici non ero più convinto dei miei obiettivi. Adesso penso al mio futuro in un altro modo. Sto studiando Scienze motorie, indirizzo Management dello Sport, e vorrei diventare proprio un manager dello sport. Nel frattempo, perché devo anche mantenermi, faccio il coach".

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