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Rublev shock dopo il caso Djokovic: “Sono entrato in Australia da positivo”

Le rivelazioni del tennista russo, Rublev, fanno discutere e alimentano polemiche sulla gestione del caso Djokovic da parte dell’Australia. Il russo, però, ha sempre ammesso di essere vaccinato.
A cura di Maurizio De Santis
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Il caso Djokovic alimenta polemiche anche per le rivelazioni del tennista russo, Rublev
Il caso Djokovic alimenta polemiche anche per le rivelazioni del tennista russo, Rublev
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Il corto circuito è nelle parole si Andrey Rublev. Dopo il ciclone Novak Djokovic, espulso dal Paese perché non vaccinato, le rivelazioni del tennista russo accendono di nuovo i riflettori sugli Australian Open per vicende extra-sportive. "Quando mi sono messo in viaggio – ha ammesso a Sport Klub – ero ancora positivo ma la mia carica virale era molto bassa e quindi non pericolosa". Aveva contratto il Covid il 26 dicembre scorso prima della partenza ma, nonostante tutto, ha messo piede sull'aereo e da quell'aereo è sceso senza ricevere alcun altolà.

Nessuno gli ha creato problemi alla frontiera. Nessuno gli ha chiesto di esibire l'esenzione medica necessaria per superare tutti i controlli. Quegli stessi controlli che hanno invece segnato l'inizio del lungo tira e molla tra il campione serbo e le Istituzioni australiane, un braccio di ferro concluso con l'intervento diretto del ministro dell'Immigrazione che s'è fatto scudo della legge e – complici una serie di incongruenze nella condotta e nella documentazione del numero al mondo – lo ha messo alla porta.

"Mi è stato concesso l'ingresso nel Paese e ho trascorso più di dieci giorni in quarantena". È la frase che fa riflettere e (ri)solleva il caso: perché Rublev ha ricevuto un trattamento differente rispetto al campione serbo? Il tweet condiviso dal 24enne tennista russo getta altra benzina sul fuoco e alimenta la convinzione che nei confronti di Nole sia stato usato il pugno di ferro per ciò che la sua figura rischiava di rappresentare: impossibile per il Governo australiano accogliere un personaggio così famoso, non vaccinato e giunto sul suolo nazionale con una certificazione compilata erroneamente (come ammesso dallo stesso Djokovic in relazione al suo staff).

"Ho sintomi lievi – scrisse Rublev nel post che risale al 26 dicembre scorso – e sono regolarmente vaccinato. Sono in isolamento e seguo tutti i protocolli sotto la supervisione dei medici. Andrò a Melbourne solo quando non costituirò un pericolo per la salute pubblica". Com'è stato possibile che Rublev sia atterrato in Australia senza eccezioni? È il quesito che aggiunge altro scetticismo a corredo del caso Djokovic soprattutto alla luce delle prescrizioni che regolano i trasferimenti internazionali in tempi di Covid.

Secondo il dipartimento sanitario del governo australiano, i viaggiatori che hanno contratto il virus e sono guariti possono richiedere un'esenzione medica. Una volta giunti nel Paese devono mostrare un risultato negativo del test PCR fatto non più di 3 giorni prima del volo e un certificato del proprio medico nel quale viene specificato come la persona contagiata "risulti perfettamente guarita e non è considerata infettiva", che "sono trascorse 2 settimane dal primo test PCR positivo" e "non abbia manifestato alcun sintomo nelle ultime 72 ore".

La perplessità riporta alla domanda iniziale: perché Rublev, positivo anche se non contagioso, non è stato fermato? Replica facile: nonostante tutto, lui era vaccinato mentre il serbo pensava fosse sufficiente un'esenzione medica che giustificasse di non essersi sottoposto alla profilassi anti-Covid. Una domanda che soffia sul fuoco delle polemiche rinfocolare (anche) dalla decisione di Nole di far causa all'Australia per maltrattamenti.

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