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Australian Open

Ombre sugli Australian Open: “Diversi tennisti hanno il Covid ma nessuno fa i tamponi”

L’organizzazione australiana presenta delle allarmanti falle sanitarie sul fronte coronavirus: “Ci è permesso andare fuori a mangiare e fare un po’ quello che vogliamo”
A cura di Alessio Pediglieri
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Gli Australian Open sono tornati sotto la lente di ingrandimento delle critiche a fronte delle dichiarazioni rilasciate da uno dei protagonisti del torneo, Alexander Zverev,  tennista tedesco di origini russe, numero 3 della classifica ATP nonché ultima medaglia d'oro in singolare ai Giochi olimpici di Tokyo 2020. Parole che stanno facendo il giro del mondo e scoperchiano falle in un'organizzazione a dir poco approssimativa nel mettere in pratica le disposizioni sanitarie necessarie per preservare i tennisti dal Covid-19.

Le accuse di Alexander Zverev – che aveva anche provato a intercedere a favore di Djokovic – sono dirette e stanno mettendo in non poca difficoltà il sistema di controllo degli Australian Open dove non si starebbero effettuando i test anti coronavirus se non in modalità "singola", con test svolti dagli stessi atleti ma senza la supervisione dell'organizzazione. Il che sta comportando una sorta di pericolosissimo cortocircuito interno oltre a mettere ancora una volta in evidenza la delicatissima gestione dei protocolli anti Covid che, evidentemente, non permettono la garanzia sanitaria minima.

Il tutto è emerso dopo l'ultimo caso di contagio riscontrato tra i tennisti all'Australian Open, il francese Ugo Humbert che mercoledì ha dichiarato di essere risultato positivo al coronavirus, un giorno dopo la sconfitta al primo turno contro il connazionale Richard Gasquet, costringendolo a isolarsi in quarantena. "Penso che quest'anno ci siano molti più casi rispetto allo scorso anno" ha spiegato Zverev. "Mio fratello, quando è arrivato, ce l'aveva. Ha fatto la quarantena a Sydney e ora ovviamente non lo ha più, ma penso che parecchi giocatori ce l'abbiano avuto quando sono arrivati in Australia".

Le attuali regole prevedono che i tennisti debbano essere completamente vaccinati per competere agli Australian Open, altrimenti c'è l'espulsione dal Paese. La medesima regola voluta dal Governo che ha costretto a fermare e poi espellere il numero uno del mondo, Novak Djokovic, a causa del suo status di non vaccinato. In una telenovela quasi infinita che aveva aperto la discussione sulla gestione degli Open ai tempi della pandemia, con violente critiche verso Djokovic, accolto in patria da eroe. Che, evidentemente, ha più di qualche semplice falla. "Ci è permesso andare fuori a mangiare, fare quello che vogliamo, quindi penso che sia naturale che più persone prendano il Covid-19″, ha spiegato Zverev ai giornalisti, subito dopo aver eliminato l'australiano John Millman in tre set al secondo turno.

Al momento le procedure prevedono che i giocatori debbano condurre da soli test antigenici rapidi, ogni singolo giorno, mentre i test supervisionati dall'organizzazione vengono condotti il ​​giorno in cui arrivano e tra il quinto e il settimo giorno della loro permanenza. "Penso che molti giocatori ce l'abbiano ora. Non stiamo facendo i test, quindi penso che se li facessimo ci sarebbero probabilmente più positivi di quanti ce ne siano ora". Una denuncia che richiama le parole del tennista australiano Bernard Tomic che nei giorni scorsi aveva criticato i protocolli di test Covid-19 durante le qualificazioni: "Non posso credere che nessuno venga testato. Stanno permettendo ai giocatori di entrare in campo con test rapidi nella loro stanza… Senza effettuare alcun test PCR ufficiale" aveva detto Tomic, poi risultato a sua volta positivo.

Dal canto suo, Zverev ha anche affermato di stare prendendo tutte le precauzioni del caso e di rimanere in una sorta di bolla personale, per evitare contatti non necessari: "Sono qui per giocare il torneo e capisco che ci sono molti casi dappertutto. Quindi non resto molto fuori, non sono ancora stato in nessun ristorante, non sono uscito" ha aggiunto. "Non sono stato da nessuna parte tranne che in camera d'albergo e sui campi, semplicemente perché non voglio correre rischi e voglio darmi la migliore possibilità per fare bene"

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