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Martina Trevisan: “La vita del tennista è dura. Mi augurano la morte, non sono nemmeno persone”

Martina Trevisan, in esclusiva a Fanpage.it, parla della sua esperienza sportiva e di vita nel tennis, soffermandosi anche sull’effetto Sinner, sul rapporto con Tathiana Garbin e con gli haters.
A cura di Marco Beltrami
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Tanto sorridente, quanto decisa in campo e fuori. Martina Trevisan è senza dubbio una fonte d'ispirazione alla luce della sua tenacia che l'ha portata a superare momenti difficili, legati a infortuni e problemi di salute importanti. Dopo 4 anni senza giocare, la classe 1993 di Firenze è tornata sui campi e si è tolta delle belle soddisfazioni riuscendo a vincere un torneo WTA, raggiungendo la semifinale del Roland Garros e diventando la numero 1 d'Italia, grazie al 18° posto del ranking.

Più forte di tutto, Martina ha dovuto fare i conti anche con la sindrome di Haglund, un'infiammazione al tallone, ma nemmeno questo è riuscito a fermarla. Ai microfoni di Fanpage, la giocatrice italiana e testimonial di Acrobatica ci ha raccontato la sua storia, dando anche un bel messaggio a tutti i giovani tennisti. Un'occasione per parlare anche dell'effetto Sinner, del rapporto con Tathiana Garbin e purtroppo anche di scommettitori ed haters.

Che momento è per la carriera di Martina Trevisan? Come stai?
"Sto abbastanza bene anche perché sono stata contenta di tornare a Rabat dove ho bellissimi ricordi, con il primo torneo WTA vinto. Energia buona in vista del Roland Garros, anche lì ho ricordi bellissimi. In realtà l’anno scorso ho vissuto uno dei momenti più difficili della mia carriera dopo la semifinale del 2022, avendo tanti punti da difendere. In quel momento non sono stata bene fisicamente, con giorni particolari e difficili. A livello fisico però ora sto bene, quindi non voglio mettermi pressione, ma sono contenta di giocare. Mi porto dentro tanta positività".

Ha colpito tutti il tuo modo di giocare e il tuo essere sorridente in campo. È una dote innata o figlia di quello che hai passato?
"Penso che questa parte di me sia figlia di una mia maturazione nel tempo. Questo sorriso lo posso tradurre nella consapevolezza di essere felice di trovarmi in un campo da tennis, di essere felice di aver ripreso in mano la mia vita e poter rifare quello che ho sempre amato fare, dopo che si era interrotto. Riguardando il mio percorso sono felice perché penso che il tennis mi abbia scelto e non sono stata solo io a sceglierlo. Quando si rincorrono i propri sogni si è sé stessi. E quando mi guardo indietro al mio percorso, di vita, penso che non sia stato facile riprendere dopo aver smesso 5 anni e arrivare dove siamo arrivati. Il sorriso è stato un percorso di consapevolezza".

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Cosa ti ha aiutato nei momenti più difficili, quando anche il tennis è passato in secondo piano?
"Il tennis è una conseguenza. In un momento particolare e difficile mi sono aggrappata più a me stessa, ho cercato di non farmi trasportare e travolgere dagli avvenimenti, nonostante sia difficile perché il dolore è inevitabile. Questa cosa la faccio tutt’ora, spesso nei momenti particolari con meno risultati cerco di fare il punto sul mio momento personale prima, su me stessa e poi sul tennis, perché penso che sia tutto una conseguenza. Il messaggio, se vogliamo racchiuderlo in poche parole, è quello di fermarsi e non lasciarsi travolgere perché le problematiche poi diventano più grandi quando non ci si ferma in tempo con il dolore che aumenta ancora di più".

Spesso anche nei giudizi si tende a considerare gli sportivi come degli automi. Quanto è difficile la vita di un tennista?
"È difficile, tanto. Per noi è come un lavoro come tanti, come andare in ufficio e avere una giornata storta. Solo che il nostro impiego ora è ancora più visto, e quindi la sconfitta sembra molto più grande e importante. Questo è diverso rispetto ai lavori ‘normali'. Spiegarlo è molto difficile, perché lo capisci solo se la vivi. Effettivamente è un lavoro molto duro, che ci ripaga tanto, ma prevede molti sacrifici. I cambi di superficie da un torneo all’altro e anche da terra battuta a terra battuta, fuso orario, lontananza da casa. Giriamo il mondo e mi sento fortunata a farlo, ma è difficile e non tutti riuscirebbero a sopportare questi ritmi. Non tutti ce la fanno e non perché non sanno giocare, ma perché per arrivare a certi livelli c’è bisogno di tante componenti messe insieme. Tutti sanno giocare bene a tennis, anche chi è lontano dalla top 100. Per non parlare poi delle persone che parlano, ma quello succede anche in lavori diversi: c’è chi giudica, chi si esprime male".

A proposito di questo, ti è capitato di essere presa di mira da scommettitori ed haters?
"Gli scommettitori non vanno presi nemmeno in considerazione perché secondo me non sono nemmeno quasi delle persone. Difficile chiamarli così, quando scrivono delle cose talmente esagerate ed estreme. La parte peggiore sono quelle persone che pensano di sapere cosa significhi giocare e fare questa vita, pur facendo tutt’altro. Commentano, non offendendo come gli scommettitori, ma dicono che sei negata, che il livello femminile è uno scempio. Non ti dico che sono peggio ma quasi, perché gli scommettitori sono fuori dal mondo: ti dicono delle cose con la speranza che tu muoia, che sia colpita da un malore tu e la tua famiglia. Sono situazioni che vengono fuori perché sono malati, secondo me, mentre chi critica crede di essere meglio di te e di essere all’interno del tuo team e della tua vita. Non li ascolto, e leggo poco, ma so che ronzano nei miei profili, anche in quelli dei miei colleghi. Manca un pezzo di vita personale e quindi è difficile spiegare a loro certe cose".

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Quando sei stata la numero uno del tennis italiano, hai sentito molto la pressione o per te non è cambiato nulla?
"Non è stata né in scioltezza, visto che quando i risultati sono importanti poi di conseguenza le pressioni aumentano, e nemmeno una cosa difficilissima. Come in tutti gli anni ci sono momenti belli e meno belli e quell’anno lì c’è stato un periodo in cui stavo giocando molto bene, super positivo, e poi è arrivato quello un po’ più negativo. Un periodo normale come la vita, con alti e bassi. Nel complesso comunque l’ho vissuta bene".

Si sente anche nel tennis femminile l'effetto Sinner, con i risultati di Jannik che sono di stimolo?
"Da uomo a uomo è più facile come cosa rispetto che da uomo a donna. Nei confronti di Sinner provo tanta stima, non tanto per il gioco in campo dove non c’è niente da aggiungere perché è bello da vedere e respiri tanta professionalità anche dal punto di vista mentale, è una fonte d’ispirazione. Credo che però sia diverso, da donna a uomo. Per me Rafa Nadal è ancora superiore per la sua storia, con Jannik che sta iniziando a farla. Gli occhi sono gli stessi, però tra uomo e uomo è diverso il rapporto che uno può avere con chi ha davanti. Rispetto a Sinner sono un po’ latina, mediterranea, ma è un momento molto importante per il nostro tennis e lui ha dato una bella dose di power ed energia buona".

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C'è un'atmosfera bellissima nel team azzurro di Billie Jean King Cup, anche per merito del feeling con Tathiana Garbin. Quanto è forte il vostro legame?
"Tathiana ha un rapporto particolare nei confronti di tutti. La nostra carriera professionistica è iniziata accanto a lei che ci ha un po’ cresciute, è stata la nostra mamma chioccia. Dà un valore più grande al nostro percorso. Abbiamo un rapporto che va oltre lo sport, perché lei è una persona sensibile, sempre vicina. C’è un rapporto tennistico con lei che mi ha anche allenata, ma la cosa più bella è quello fuori dal campo, il rapporto umano tra me e lei. È una persona che stimo tantissimo, per il suo vissuto e non solo l’ultimo periodo. Tutti sappiamo cosa è successo e il modo in cui l’ha affrontato (ha scoperto una rara forma di tumore, ndr), quando in BJK Cup aiutava noi nonostante la consapevolezza che due settimane si sarebbe dovuta sottoporre ad un’operazione molto difficile. E lei invece non ci ha mai lasciato e tolto energia, aiutandoci. Un esempio fenomenale: in quel momento lei ha lasciato da parte tutto e si è completamente data a noi e all’Italia. È una cosa stratosferica, che pochi avrebbero fatto".

Che momento è per il tennis femminile: con Swiatek e Sabalenka sembra che ci sia una stabilizzazione ai vertici del ranking, quali sono in quest'ottica i tuoi obiettivi?
"Nel tennis femminile al momento Swiatek e Sabalenka sono un gradino più sopra, anche Rybakina. Dietro il livello è molto lineare, tutte possiamo giocarcela con tutte. Tolte le prime 5 il livello è molto equilibrato. Per quanto riguarda me, non sto guardando la classifica e non me ne frega più di tanto. Cerco di pensare giorno dopo giorno e ritrovare quella energia positiva che mi aiuterà anche nella classifica. L’ho sempre guardata poco anche quando ero la numero 18, ora non m'interessa".

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