Il padre di Cobolli: “Persi la pazienza, lo lasciai solo in Turchia a 16 anni”. Lì iniziò tutto

Stefano Cobolli è il padre e coach di Flavio, splendido protagonista in questo torneo di Wimbledon: il 23enne toscano oggi affronterà nei quarti di finale Novak Djokovic, in un match in cui partirà chiaramente sfavorito ma non così tanto come dicono le quote dei bookmakers. L'attuale numero 23 al mondo, che entrerà nella Top 20 indipendentemente dal risultato della partita col serbo, sta giocando il tennis migliore della sua carriera, ha perso finora un solo set negli ottavi con Cilic ed entrerà in campo con la testa leggera di chi sa che ha tutto da guadagnare contro il recordman di Slam vinti. "Flavio è abituato a stupirci", dice papà Stefano, raccontando poi quando c'è stata la svolta con suo figlio.
Il padre di Cobolli racconta quando lasciò solo Flavio in Turchia a 16 anni: "Volevo una reazione, vinse il torneo"
"La carriera di Flavio è cominciata quel giorno che durante una partita mi ha fatto perdere la pazienza, e me ne sono andato: l'ho lasciato da solo. Aveva 16 anni e mezzo. Eravamo ad Antalya, in Turchia. Volevo una reazione da parte sua, c'è stata, eccome: ha vinto il torneo", racconta a ‘Repubblica' Stefano Cobolli, 54enne ex tennista professionista che ha raggiunto al massimo la posizione numero 236 in singolare nel 1996.

Stefano ha iniziato ad allenare Flavio professionalmente circa sette anni fa, dopo che il ragazzo aveva mosso i primi passi nel tennis con altri allenatori. Un rapporto fatto di momenti di confronto anche acceso, ma che resiste bene e soprattutto sta dando grandi frutti: bellissime le lacrime del papà (e del fratello) in tribuna a Wimbledon dopo la vittoria con Cilic.
Il rapporto effervescente tra Stefano e Flavio: "Non inghiotto rospi e non ho timore di rispondergli per le rime"
Il padre allenatore di Cobolli riavvolge il nastro: "Non ho spinto Flavio a prendere in mano una racchetta. Quando l'ha fatto, gli ho solo consigliato dove e con chi poteva allenarsi. A 16 anni è stato lui a scegliermi come coach. Non mi ha sempre ascoltato, soprattutto all'inizio. Ho sempre sperato che andando avanti negli anni potesse cambiare, e capire certe problematiche di un rapporto speciale: le incomprensioni sono diminuite. La chiave sta tutta nella nostra relazione: non sono un tecnico come gli altri, non inghiotto rospi e non ho timore di rispondergli per le rime. Perché sono il suo papà, perché è lui che mi ha voluto, perché in qualsiasi momento sarà liberissimo di dire basta".

Quanto al match contro Djokovic, Stefano svela che Nole è sempre stato l'idolo del figlio: "Insieme a Fognini, il serbo è stato il punto di riferimento di mio figlio fin da bambino: se fate attenzione, scoprirete che ha rubato a entrambi molte cose e le ha fatte sue. Si emozionerà? No, quella paura se l'è già tolta (ci ha giocato nei sedicesimi a Shanghai lo scorso ottobre, perdendo 6-1/6-2, ndr). Piuttosto, credo potrebbe subire la suggestione dello stadio. Ma Flavio è abituato a stupirci…".