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Diego Nargiso: “Sinner non era tranquillo in finale contro Alcaraz. L’ho capito da diverse cose”

Diego Nargiso, reduce dagli US Open con Supertennis, analizza su Fanpage.it il momento di Sinner e Alcaraz: i limiti di Jannik, la crescita dello spagnolo e il futuro del tennis mondiale.
A cura di Marco Beltrami
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Diego Nargiso, ex tennista e oggi voce autorevole del nostro tennis su Supertennis, ha commentato per Fanpage.it la finale degli US Open che ha visto Carlos Alcaraz imporsi su Jannik Sinner, riprendendosi la vetta del ranking mondiale. Il classe 1970 sottolinea come a decidere sia stata la capacità dello spagnolo di togliere tempo e mettere pressione a Sinner fin dai primi scambi, approfittando anche della giornata non brillante al servizio (e non solo) dell’azzurro. Per l’ex azzurro di Davis si tratta di uno stimolo e al tempo stesso di un campanello d’allarme per Jannik, chiamato a lavorare su cambi di ritmo e varietà per reggere l’urto del rivale.

Dall’analisi tecnica alle prospettive future, con Nargiso che si è soffermato anche sulla sparizione di una fascia di giocatori che sembravano destinati a dominare e sull’empatia che Sinner e Alcaraz suscitano nel pubblico, equilibrata. Questa l’intervista integrale a Nargiso, tra passato, presente e futuro del tennis mondiale.

Diego, ti ha colpito qualcosa in particolare del rendimento di Sinner nella finale contro Alcaraz? Te l'aspettavi?
"Sì e no. Nel senso che, in qualche modo, erano arrivati in due modi diversi. Alcaraz era arrivato molto, molto bene, con una continuità tale che faceva presagire che sarebbe stata una partita difficile. Sì, poi, perché anziché essere Sinner ad andare a cercare la velocità, ad anticipare sulla seconda e ad accelerare, tutto questo lo ha fatto di più Alcaraz. Ed è stato sorprendente, perché è stato Alcaraz a verticalizzare molto di più, è stato Alcaraz a togliere tempo a Sinner, è stato Alcaraz a metterlo sotto pressione fin dal primo gioco".

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Non è stato il solito Sinner, oltre al servizio quali altre falle hai visto nel suo gioco?
"Intanto Sinner, dall’inizio, ha commesso qualche errore di troppo. Ogni volta che ha subito un break nei tre set lo ha fatto su un errore di dritto in attacco. E questo chiaramente ha determinato il fatto che, se sbagli quando sei in comando e lo fai su una palla break in attacco, significa diverse cose: primo, che non sei tranquillo; secondo, che non è la giornata giusta. Quindi mi ha colpito il fatto che non sia riuscito a fare la differenza. Sicuramente l’aspetto meno positivo, non c’è dubbio, è stato quello di avere una percentuale molto bassa di prime di servizio, che non gli ha permesso chiaramente di giocare con più audacia e tranquillità. Poi anche nel game di risposta, insomma…".

Ma questo risultato e questa prestazione è più da leggere come stimolo o campanello d'allarme?
"Dev'essere sicuramente uno stimolo per Jannik e lo è, perché lui stesso l’ha già detto: ricomincerà a lavorare molto forte su determinate cose che aveva un po’ lasciato indietro. Nel senso che alla fine, per battere Carlos, ha bisogno di più: non può limitarsi a giocare al 60-70% come fa con gli altri, dove comunque riesce ad avere la meglio perché li sovrasta anche di ritmo. Con Alcaraz serve che la sua attenzione si concentri su un lavoro più ampio, che comprenda non solo la spinta e la continuità a cui ci ha abituato, ma anche i cambi di ritmo, le verticalizzazioni maggiori. Diventa fondamentale. Insomma per lui è uno stimolo, ma anche un campanello d’allarme. Ha detto: ‘Adesso che inseguo mi metterò a lavorare di nuovo per risuperarlo'".

Diego Nargiso in azione durante la sua carriera.
Diego Nargiso in azione durante la sua carriera.

C'è stata la percezione sin da subito che questa finale fosse più dalla parte di Alcaraz. Hai avuto anche tu questa sensazione, forse anche per un cammino più, tra virgolette, agevole?
"Sì. Carlos arrivava con un altro cammino e piglio. Mi ha fatto specie il fatto che non abbia avuto troppi problemi lungo il percorso. La cosa particolare è che invece Sinner ne ha avuti tanti, sia con Shapovalov che con Auger-Aliassime, trovando difficoltà fino alla fine. Si è visto che non era il miglior Jannik, mentre Carlos arrivava con grande agio. Anche battendo Novak Djokovic per la prima volta 3 set a 0 sul cemento. Non ha mai avuto delle distrazioni e non ha mai dato la sensazione di poter perdere un set".

Hai citato Djokovic, ormai è lui il primo dei "normali" alle loro spalle?
"Il problema è questo: quelli che erano i big fino a qualche anno fa hanno continuato a lavorare per anni e Jannik e Carlos hanno proseguito invece attraverso un miglioramento continuo. È tanto che in televisione e sui giornali continuiamo a dire che Zverev, Medvedev, Tsitsipas, Tiafoe, Fritz… ecco forse Fritz è l’unico che ci ha provato un po’ di più. Ma nella maggior parte dei casi pensavano di vivere di rendita e non si sono accorti che se non lavori con grande continuità, precisione e determinazione su tutto il tuo gioco, rimani indietro".

Sembra che siano crollati proprio mentalmente.
"Ognuno di loro ha un colpo inferiore: Zverev con il dritto, Tsitsipas con il rovescio, Fritz il rovescio e così via. Medvedev ha perso sicurezza perché stava attaccato sei metri dietro la linea. Alla lunga non poteva andare avanti così. Sono andati in crisi, soprattutto mentalmente. Si è creata frustrazione, mentre gli altri invece, i più giovani, stanno tardando ad arrivare. Penso a Mensik, a Fonseca: stanno crescendo molto lentamente, per ora fanno ancora fatica, mentre Sinner e Alcaraz continuano a vincere e a migliorarsi".

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In tanti hanno sottolineato un atteggiamento più caloroso del pubblico nei confronti di Alcaraz, ma è stato davvero così?
"Guarda, l’empatia di entrambi è molto forte. Non ho notato una grande differenza tra i due. Credo che a un certo punto, in finale, quando Jannik ha cominciato a rimontare nel secondo set, molti speravano che riuscisse a farcela. Secondo me è più una questione di spettacolo: la gente vuole vedere partita, vuole vedere equilibrio, e quindi capita che tifino per l’uno o per l’altro a seconda del punteggio. Però non mi sembra ci fosse una grande differenza: il pubblico era dalla parte di tutti e due, perché sono due grandissimi campioni e si dividono i favori della gente. Non vedo un divario marcato in tal senso".

Se dovessi parlare ad un tifoso di Sinner molto preoccupato per questa sconfitta, cosa gli diresti?
"Basta considerare anche gli esempi del passato, Federer-Nadal, e tanti altri. Solo il fatto di essere stato numero uno per 65 settimane di fila ti fa capire che siamo a un livello assoluto. E Jannik ha perso il primato solo perché non ha giocato per tre mesi, altrimenti forse non l'avrebbe perso. Ha vinto due Slam, e bisogna capire che c’è sempre un’alternanza anche guardando al passato: non è facile restare in cima, e stare su è più duro che arrivarci. Bisogna credere nel progetto e credere nel nostro giocatore. Se è stato numero uno per 65 settimane, vuol dire che ci può tornare. Adesso ha il tempo per lavorare di più su quelle cose che magari aveva trascurato un po’, anche per tenere la classifica. Questo può sicuramente essere positivo".

Chiudiamo con la consueta domanda post-Slam: qual è stata la cosa che ti ha colpito di più, in positivo, di questa edizione?
"Mi è piaciuto tantissimo il doppio misto, è stato uno spettacolo. È stata una cosa importante, che ha dato spazio in un momento diverso della settimana a un aspetto che devono rivedere per il doppio".

E invece la cosa che ti è piaciuta di meno?
"Direi il tempo: non è stata una bellissima settimana, a volte è stato fresco. E poi il fatto di chiudere il tetto prima che piovesse non mi è piaciuto. È un torneo open, all’aperto, e il tetto andrebbe chiuso solo quando piove davvero. Altrimenti si rischia di falsare le partite, perché indoor è diverso da giocare outdoor".

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