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Cosa aspettarsi da Rafa Nadal per il suo farewell tour nel tennis: non dimenticatevi chi è

Inizia dall’ATP 250 in Australia l’ultimo anno di carriera di Rafa Nadal, che vorrebbe il 15° Roland Garros e l’oro olimpico sull’amata terra rossa.
A cura di Jvan Sica
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È già arrivato in Australia, salutato da tutti come uno degli ultimi miti fatti ancora di carne da veder sudare in qualche stadio sportivo tra gli atleti dei primi anni del nuovo millennio. Rafael Nadal è a Brisbane, dove dal 31 dicembre in poi giocherà l’ATP 250 che prepara all’Australian Open. L’ultima partita disputata dal tennista spagnolo è del 18 gennaio 2023, proprio agli Australian Open, persa in tre set contro l’americano Mackenzie McDonald. Durante quella partita subì una lesione all’anca e da quel momento non ha più messo piede in campo.

L’attesa per il ritorno di Nadal si sta facendo davvero febbrile e stanno uscendo di continuo indiscrezioni su chi lo ha visto o almeno intravisto o ha parlato con chi vi ha giocato (come Ljubicic che ha parlato con Arthur Fils, suo sparring partner in Kuwait dove si è allenato). Tutti dicono due cose: la prima è che Nadal non torna da vecchia gloria o da monumento di se stesso per farsi malmenare da Djokovic o dalla new wave che è andato subito a stanare allenandosi con Rune in Australia.

E poi dicono che quest’anno sarà un lungo viaggio dell’eroe verso il doppio sogno che lo farebbe chiudere con un senso di grandezza raggiunta ancora più mastodontica e memorabile. Il doppio sogno non può che essere fatto di terra rossa parigina, con il Roland Garros, che termina il 9 giugno e il torneo di tennis olimpico, che inizia il 27 luglio. La location è la stessa e per Nadal solo immaginare di poter fare doppietta dove la sua carriera è diventata fuori da qualsiasi riferimento possibile (14 tornei vinti) è il coronamento perfetto di una storia che non è andata come doveva andare.

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Arrivato infatti in un tennis in cui esistevano ancora i terraioli, tetragoni a ogni offesa con la pallina, mentre era già splendente la stella di un astro capace di fare tutto, come Federer, Nadal ha costruito il suo tennis muscolare e dinamico, faticoso e affaticato, concreto e fantasioso, vincendo non solo dove corpo e tecnica tennistica lo portavano, ma ovunque, come solo i pochi grandissimi di ogni tempo hanno fatto. Si è trovato nel tempo di Federer, diventando l’altro, venendo anche odiato perché quando si è sulla riva opposta alla bellezza raffaellesca è difficile accorgersi che possa esistere una bellezza di eguale livello, e si è trovato anche nel tempo di Djokovic, il quale vuole fortissimamente vuole, competendo per indefesso lavoro e applicazione con lo stesso Nadal.

Oggi torna con il serbo ancora aleggiante su tutto, spettro inossidabile di un tennis che i tre hanno cambiato anche fuori dagli stadi e una pletora di nuovi giocatori, i quali hanno avuto loro come modelli e vogliono discostarsene rimanendone allacciati nell’imitazione. A Brisbane se la gioca con un bel parterre di tennisti, da Rune e Shelton, da Karatsev e Murray, il quarto fab che poi però, per infortuni e difficoltà di reggere il ritmo, ha deciso di rintanarsi nel suo angolo per nulla ancora oscuro e dimenticato. Per l’Italia niente Sinner, né Berrettini, che doveva esserci, mentre potrebbe sfidarlo Matteo Arnaldi, che ricorderemo come l’altro uomo che ha deciso la vittoria della Coppa Davis per l’Italia.

Oggi Nadal è numero 666 del mondo, numero problematico per un cattolico, ma anche per un tennista che in questo modo avrebbe di fronte subito i più forti. C’è il ranking protetto però, ovvero la possibilità, in caso di infortuni o altri problemi di lunga durata di mantenere la posizione in cui si era quando c’è stato lo stop. Cosa aspettarsi? Hanno ragione gli ottimisti. Nadal non gioca a tennis come in un pranzo di gala; à la Maradona, se fosse vestito in frac a un ricevimento e qualcuno gli tirasse una pallina infangata, prenderebbe il vassoio dal cameriere e tirerebbe un diritto a uncino, perché Nadal gioca per ruggire, gioca per imposizione fisica, prima che tecnica e strategica.

Chiederà ancora una volta tanto al suo corpo e il suo corpo dovrà reggere l’urto, conscio, come ha detto lui stesso sui suoi social, che all’inizio sarà dura. Sarà a tutti gli effetti un farewell tour ma dimenticatevi le messe da requiem con sconfitte assortite come per tanti altri atleti all’ultimo giro. Nadal non è uno che fa da chierichetto. Lui è il vescovo.

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