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Alcaraz poteva diventare un wrestler, scelto il nome d’arte: “Avrebbe messo paura a tutti”

Alcaraz show a Cincinnati: maschera da luchador, aneddoti sul wrestling e lezioni di resistenza al caldo.
A cura di Marco Beltrami
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Carlos Alcaraz a Cincinnati non ha resistito alla tentazione di indossare una maschera da wrestler donatagli dai tifosi. Dalla lotta sui campi da tennis a quella sul ring, Carlitos è un grande appassionato di wrestling e ne ha parlato dopo la vittoria contro Medjedovic che gli ha permesso di qualificarsi agli ottavi, dove se la vedrà con il suo “amico” Luca Nardi, che conosce sin dall’infanzia.

Carlos Alcaraz e la maschera da wrestler a Cincinnati

Negli studi di Tennis Channel è stata mostrata al numero due del mondo la scena in cui riceve la maschera da “luchador”, in stile Rey Mysterio, e poco dopo se la mette sul viso compiaciuto. L’intervistatore non ha perso occasione per sottolineare il suo gradimento per quella situazione: "Sembravi pronto per fare il wrestler se non fossi un tennista".

Alcaraz non ha perso occasione per confermare il suo feeling: "Ho dovuto pensarci… ho praticato un po’ di wrestling da piccolo con mio fratello. Sapevo che appena l’avrei indossata sarebbero uscite foto e video, e così è stato".

Il nome di Alcaraz nel mondo del wrestling

Ma il murciano aveva già in mente un nome d’arte per un potenziale futuro da wrestler? Non proprio, e allora ecco l’assist da parte del padrone di casa: "Che ne dici di ‘Cabeza, Corazón e Cojones’? (Testa, cuore e attributi, ovvero le doti a cui spesso e volentieri fa riferimento per sintetizzare il suo atteggiamento in campo, e che ha anche tatuate)". Entusiasta il tennista spagnolo: "Suona bene! Credo che spaventerebbe l’avversario".

Quali sarebbero state le sue qualità principali nel mondo del wrestling? Sicuramente Alcaraz avrebbe studiato molto bene ogni suo avversario, a giudicare da queste parole riferite alle difficoltà legate al caldo e all’umidità di Cincinnati: "A volte ci concentriamo solo su noi stessi, pensando a quanto stiamo soffrendo per il caldo, il sole, la stanchezza, e dimentichiamo che anche l’avversario sta soffrendo, magari più di noi. Io cerco di pensare anche a lui e di trasformare la partita in una battaglia dura. Vengo da Murcia, dove d’estate fa molto caldo, quindi mi dico: ‘Ok, devi abituarti o sei già abituato’. Cerco di non lasciarmi influenzare dal sole, di continuare a giocare. Se posso, accorcio gli scambi; se vedo che l’avversario è molto in difficoltà, li allungo".

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