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Adam Peaty siamo noi: storia del campione che ha messo la salute mentale al primo posto

Il ranista inglese in vasca ai Mondiali di Doha per sfidare Martinenghi. Dopo due anni di buio, cerca di tornare il “più grande”, ma la strada è ancora lunga.
A cura di Jvan Sica
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Quella di Adam Peaty è una storia che parla dell’oggi, di noi, dell’aria che respiriamo ovunque, in ogni settore della vita pubblica e privata, di come il nostro equilibrio psichico sarà la vera sfida dei prossimi decenni. È e sarà tutto in ballo su un filo sottile e dondolante e noi dovremo restare in piedi.

Nella primavera del 2022 Adam Peaty è il migliore ranista di sempre, uno se non il miglior nuotatore al mondo, un gigante del suo sport e della sua nazione, la Gran Bretagna. Il carnet è sfavillante: 5 medaglie olimpiche, di cui 3 ori, 10 medaglie mondiali, di cui 8 ori, 16 medaglie europee, tutte d’oro, record del mondo stracciati nei 50 e nei 100 rana.

In quel momento si esce dal post-Olimpiadi di Tokyo e Peaty continua senza problemi il suo percorso inattaccabile, per aggredire i Mondiali alle porte (Budapest 2022), iniziando anche a guardare verso Parigi 2024 dove avrebbe potuto continuare a macinare ori.

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Ma c’è un fatto o il fato a deviare la corsa. Durante un collegiale a Tenerife si infortuna a un osso del piede destro, salta i Mondiali, torna un po’ stiracchiato e presto per i Giochi del Commonwealth a Birmingham, vince i 50 rana ma è incredibilmente quarto nei suoi 100 rana.

Adam Peaty ha perso. Sarebbe una notizia a cui non dare troppo peso, per la questione infortunio, per i sei mesi di assenza dalle gare e anche per il fatto che lontano dai grandissimi appuntamenti anche i campioni inciampano. Ma se tutto questo può motivare le risposte altrui, non spiega la sconfitta a Peaty stesso, che si chiede: "Cosa sono senza la vittoria?".

Questa domanda, che all’inizio era un piccolo tarlo, probabilmente considerato facile da scacciare via e quindi preso anche un po’ sotto gamba, diventa un macigno nelle orecchie e nella testa. Pochi giorni dopo i Commonwealth Games ci sarebbero gli Europei di Roma, ma Peaty non ci va. Non sente più l’acqua e, peggio ancora, non sente più se stesso.

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Nel bel mezzo di quelli che lui e gli addetti ai lavori hanno chiamato “problemi mentali”, in un post scrive: "Tutti vogliono sedersi al tuo posto fino a quando non devono sedersi al tuo posto". Una frase che ha una sola spiegazione possibile, che poi Peaty in tante altre interviste e post social approfondirà. Il campione al suo livello è un asceta senza vie d’uscita. Per raggiungere e tenere quegli standard a cui è giunto e soprattutto ci ha abituato, iniziando a rincorrerli ormai più per noi che per se stesso, Adam Peaty ha chiuso la vita in una vasca piena d’acqua, interrompendo ogni comunicazione con il flusso dell’esistenza al di fuori di essa.

Certo, ha conosciuto, visto, assaporato, scelto, amato, sposandosi e diventando anche padre (matrimonio entrato in crisi in quel periodo), ma lo ha fatto sempre con il filtro del dover competere, del non potersi immergere nelle cose, perché immergersi nell’acqua per andare sempre più veloce era già tutto quello che serviva per vivere.

Non era così. Adam Peaty lo ha scoperto con una sconfitta e questo non solo lo ha frenato, ma bloccato completamente. Da quel momento Peaty non partecipa ai grandi eventi, se rientra in gara, come ai Trials britannici per i Mondiali di Fukuoka, si ritira, insomma non è più un nuotatore, ma solo un uomo in cerca di un motivo, non solo per nuotare.

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Ai Mondiali di Doha, così tanto vicini e preparatori alle Olimpiadi di Parigi, Adam Peaty torna sui blocchi per la sua rana, ma con una consapevolezza che al Times ha così espresso

Oggi non mi preoccupano né le medaglie né gli ori, per la prima volta nella mia vita mi preoccupo di sfidare me stesso, di dimostrare a me stesso che posso ripartire dal punto più basso della mia carriera.

Da quella sconfitta che ha rotto lo specchio delle brame dorate, Peaty ha compreso che esistono altre vittorie possibili, in una sorta di multiverso sportivo che i campioni e anche noi che seguiamo spesso non sappiamo ancora vivere. Forse ha capito che vincere non vuol dire solo arrivare all’oro, ma mettere in vasca (o in un altro campo qualsiasi) quello che il corpo possiede e la mente conosce. Se questo vuol dire essere primo o ultimo, ti dovrebbe portare a migliorare, non a sentirti sconfitto.

Belle parole, forse Peaty oggi davvero le pensa. Ma il diavolo, che questa volta ha la faccia bella della vittoria, è dietro la porta. Anche questo Peaty lo sa e infatti dice: "Oggi siamo arrivati a metà del labirinto, ma domani potrebbe esserci un altro vicolo cieco". 

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