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Michele Pirro: “Tra la Ducati di Marquez e quella di Bagnaia c’è solo il 5% della moto che cambia”

Nell’intervista a Fanpage.it il collaudatore Ducati Michele Pirro chiarisce i dubbi sorti nel corso dell’ultima stagione della MotoGP: dalle presunte enormi differenze tra GP24 e GP25 al momento difficile di Bagnaia, passando per l’arrivo di Marc Marquez e il lavoro dietro le quinte nel team di Borgo Panigale.
A cura di Michele Mazzeo
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La stagione MotoGP della Ducati è stata dominata dai risultati, ma accompagnata da dubbi, sospetti e polemiche. Al centro del dibattito ci sono Pecco Bagnaia e Marc Marquez, ma anche il rendimento degli altri piloti della galassia rossa: Alex Marquez, Fabio Di Giannantonio, Franco Morbidelli e Fermin Aldeguer. Si è parlato di moto diverse tra Marc e Pecco, di presunte differenze profonde tra GP24 e GP25, di uno sviluppo Ducati orientato verso il nove volte campione del mondo e di una Desmosedici diventata più difficile da interpretare. Il calo di feeling del piemontese, soprattutto sull'anteriore, ha alimentato interrogativi su una moto che, pur vincendo quasi tutto con lo spagnolo, ha visto l'altro, il piemontese, protagonista di una stagione molto negativa. Per capire cosa c'è di vero e cosa no, Fanpage.it ha intervistato Michele Pirro, l'uomo che da anni sviluppa e collauda la Ducati in MotoGP.

Michele Pirro è da oltre dieci anni il pilota collaudatore Ducati ed è una figura centrale nel progetto che ha portato Borgo Panigale al vertice della MotoGP. Tester, sviluppatore e riferimento tecnico, ma anche pilota in gara, con wild card e sostituzioni nel Motomondiale e numerosi titoli nel CIV. È il collegamento diretto tra pista e ufficio tecnico, tra i feedback dei piloti ufficiali e le scelte di Gigi Dall'Igna, lavorando a stretto contatto con Davide Tardozzi nella gestione sportiva del team. Oggi il suo ruolo è cruciale anche in ottica futura, tra sviluppo continuo della Desmosedici e il grande cambio regolamentare della MotoGP 2027.

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Nell'intervista a Fanpage.it, il 39enne pugliese smonta il "caso Ducati" partendo dai fatti: spiega perché GP24 e GP25 sono molto simili, chiarisce cosa significa davvero non avere feeling sull'anteriore, racconta cosa succede nella testa di un pilota quando la fiducia non arriva e perché stagioni così possono capitare anche ai campioni. Parla dell'arrivo di Marc Marquez in Ducati, del lavoro con due pluricampioni nel team ufficiale, del rapporto con Dall'Igna e Tardozzi e della differenza tra test e gara vera. Un racconto diretto e senza slogan che aiuta a leggere una stagione complessa con gli strumenti giusti.

Nel corso dell'anno si è parlato molto delle differenze tra la GP24 e la GP25. Tu che le hai testate entrambe, quali sono le principali differenze a livello di guida?

"Non è che ci siano delle differenze particolari. La GP24 è una moto che aveva corso già l'anno scorso, la GP25 aveva delle cose che potevi decidere se usare o no rispetto alla 24. Però, comunque, di base sono veramente molto simili".

Durante la stagione si è parlato spesso di piloti che non hanno feeling con l'anteriore. Cosa vuol dire, spiegato in modo semplice?

"Il feeling sull'anteriore è molto soggettivo, soprattutto quando devi andare sempre al limite o spostare il limite. Quest'anno, con le altre case che si sono avvicinate, non avevamo più il vantaggio di avere otto moto davanti come in passato, quindi magari emergeva qualche problema in più.

Però è anche vero che, a parte tre gare, le abbiamo vinte tutte. Quindi non mi sembra sia stata una stagione deludente dal punto di vista dei risultati, se guardiamo la Ducati in generale. Se poi guardiamo il singolo pilota, magari da Bagnaia ci si aspettava di più, ma non possiamo dire che la Ducati non sia ancora la moto di riferimento. Assolutamente".

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Quando una moto va forte con molti piloti ma per qualcuno diventa difficile, come capite se il problema è la moto o lo stile di guida?

"Se guardiamo lo storico, con le nostre moto hanno vinto e si sono trovati bene un po' tutti. È difficile fare moto che cambiano ogni gara. Se guardiamo lo storico non possiamo dire che il nostro progetto non ha funzionato: hanno vinto tanti piloti. Quindi credo che siamo ancora il team di riferimento".

Dal punto di vista del pilota, cosa succede quando viene meno la fiducia e non torna subito, come nel caso di Bagnaia quest'anno?

"Posto che è una moto vincente, perché i risultati lo dimostrano, purtroppo capitano stagioni o periodi in cui uno non riesce a ottimizzare tutto il lavoro. Può succedere. Le annate sono anche questo. L'importante è guardare al futuro, cercare di capire quali sono gli errori, le problematiche, e provare a risolverle".

Con l'arrivo di Marc Marquez in Ducati è cambiato qualcosa nel lavoro quotidiano nei box?

"No, assolutamente no".

Marquez è famoso per andare forte anche con moto difficili: questo aiuta o rischia di mascherare dei problemi?

"Ricordo che gli ultimi tre mondiali li ha vinti sempre la Ducati, con piloti diversi. Non penso che Marquez ci porti fuori strada. E ricordo anche che non è la Ducati che aveva bisogno di Marquez per vincere, è successo il contrario".

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Con due pluricampioni nel team ufficiale, come si evita di sviluppare una moto ‘per uno solo'?

"La base della moto, il 90–95%, è quella. Poi c'è un 5% che uno può personalizzare: ci sono delle cose che uno può decidere di usare o no. Ma la base, se funziona, è sempre la stessa".

Tu sei il collegamento tra pista e ufficio tecnico: qual è la cosa più difficile da spiegare agli ingegneri dopo un test?

"È quello che guida la moto rispetto al resto. Però sono tanti anni che sono in Ducati, si è creato un rapporto di fiducia. Alla fine andiamo avanti anche di inerzia, perché ci conosciamo".

Avete trovato un vostro linguaggio comune?

"Sì".

Gigi Dall'Igna è molto diretto: cosa si aspetta da te quando gli riporti le sensazioni della moto?

"Con Gigi abbiamo un rapporto da tantissimi anni, siamo cresciuti assieme. I risultati sono arrivati anche grazie al lavoro fatto in tutti questi anni, quindi credo che ci sia consapevolezza e stima reciproca".

Cosa si capisce in gara, nel traffico e sotto pressione, che non si può capire in un test?

"Nei test sei praticamente sempre da solo, non hai altri in vista e non hai un confronto diretto. In gara vai sempre al 101%, mentre nei test rimani sotto una soglia di rischio più bassa. Nei test puoi tenerti quel 5% di margine, in gara no: devi spingere".

Fare gare nei campionati italiani quanto ti aiuta nel lavoro da tester?

"Le gare sono sempre uno stimolo in termini di ritmo e di analisi. Se vuoi tenere uno standard alto è giusto fare anche le gare. Fa parte del percorso di lavoro".

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Nel 2027 la MotoGP cambierà radicalmente: cambierà anche il peso del pilota rispetto alla tecnologia?

"No, non cambierà".

Che clima c'è tra i piloti Ducati anche fuori dalla pista?

"Alla fine abbiamo tutti un buon rapporto. Io sono il più anziano e quindi mi prendono in giro perché sono il più anziano".

E con Davide Tardozzi che rapporto c'è?

"Con Davide ci conosciamo praticamente da quando ho iniziato. È sempre stato un uomo Ducati, come lo sono diventato io da 13–14 anni. Sono molto contento di quello che abbiamo fatto e soprattutto del percorso iniziato tanti anni fa, che ha portato ai risultati che stiamo ottenendo. Dietro le quinte c'è tanto lavoro, ma sono state persone determinanti per arrivare dove siamo adesso".

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