Michael Schumacher e l’open bar privato al Mugello: l’inedito retroscena sugli anni in Ferrari

Negli anni in cui Michael Schumacher era il volto e il corpo della Ferrari, ogni sua apparizione pubblica in Italia si trasformava in un evento ingestibile. Al Mugello, durante una sessione di test cruciale della stagione 2000, il campione tedesco trovò però un modo inatteso per ritagliarsi uno spazio personale, lontano da occhi indiscreti e assedio mediatico.
A raccontare l'episodio è Andy Wilman, produttore televisivo britannico, che rievoca l'intervista realizzata per una serie della BBC dedicata alla velocità. Schumacher stava provando in pista nella settimana che lo avrebbe poi portato in Giappone a conquistare il titolo mondiale con la Ferrari, il primo dopo un'attesa durata oltre vent'anni a Maranello. Il tempo era pochissimo, l'agenda fittissima.

L'intervista venne organizzata in un business hotel nei pressi del circuito. La sua manager, Sabine Kehm, concesse mezz'ora netta, a fine test. Quando la troupe chiese di poter chiudere il bar dell'albergo per registrare, la risposta iniziale fu un rifiuto secco. Bastò però chiarire che l'ospite era Schumacher perché l'atteggiamento cambiasse radicalmente: il locale venne svuotato, i clienti fatti uscire, le porte chiuse.
Seduto al bancone, lontano dal paddock e dai riflettori, l'allora ancora due volte campione del mondo si mostrò rilassato e disponibile. Parlò dei rivali, ammettendo senza filtri che "Hakkinen è spesso più veloce", e affrontò anche il discusso contatto con Jacques Villeneuve, spiegandone le motivazioni. Un racconto diretto, senza difese, raro per un pilota abituato a misurare ogni parola.

Scaduto il tempo concordato, la troupe iniziò a smontare l'attrezzatura. Schumacher però rimase seduto. Chiese quanto a lungo il bar sarebbe rimasto chiuso e, capito che nessuno poteva entrare fino a quando l'intervista non si sarebbe conclusa, sorrise: "Allora prendo una birra". Restò lì per un'altra mezz'ora, godendosi un privilegio semplice ma per lui eccezionale.
Chiese a tutti di restare ancora lì, anche se l'intervista era ormai abbondantemente conclusa e nonostante il tempo concesso da Sabine Kehm fosse di gran lunga trascorso. La spiegazione arrivò subito dopo, con una lucidità disarmante, dallo stesso pilota tedesco: "Devi capire che in Italia non posso andare da nessuna parte. Sono tipo il commesso viaggiatore più pagato del mondo. Ceno in camera mia. Telefono a mia moglie e basta. Ora invece posso stare in un bar".
Un frammento minimo, ma rivelatore, che racconta meglio di tante vittorie cosa significasse essere Schumacher negli anni Ferrari: il pilota più potente del Circus, costretto a chiudere un bar per concedersi, per una volta, una normalità qualunque.